sabato 30 giugno 2012

Fino a t(r)e





Sapeva contare. Almeno fino a tre. Avvicinava le dita al foglio con l’aria timida dell’incertezza. Sapeva contare e contava ad alta voce, balbettando i numeri come si confessa un sentimento. Mi guardavo, attraverso i miei occhi. Mi intravedevo in quello sguardo incerto, sempre dubbioso, contare i giorni come fossero caramelle. Il calendario ha lo sguardo severo dell’imposizione: non chiede il consenso, non ha padroni, né pulsanti di accensione. Non somiglia che ad una punizione. Vittima fragile di ogni movimento di lancetta, mi vedevo calpestare le ore come fossero foglie secche, che presto sarebbero state sostituite da fogliame rigoglioso. Presto.
Ma quella bambina sapeva contare. E nel suo giorno perfetto –una visita con mamma al suo negozio preferito, un bacio a sua sorella che sempre le tiene la mano, il sorriso della sua amichetta ad attenderla per strada-, ha smesso di contare. Improvvisamente, come un’intolleranza alimentare che compare. Il suo giorno –il suo giorno- perfetto, divenne in un attimo ombra e maledizione. A cosa sarebbe servito contare, ora che le ore erano annegate nel dolore?

Riprendo fiato, il tempo torna a galla, è finito quello delle attese. 
La sensazione che qualcosa di buono c’è, in quest’estate torrida che è appena cominciata ed in un batter d’occhio se ne andrà. Sentir l'odore suo sulla mia pelle, tremare del suo vento, concepire -finalmente- le distanze. Attendere ogni sera che suoni il campanello, e risvegliarmi il dì seguente dentro una carezza. Fondere la notte e il giorno come se nulla li differenziasse, sentirmi oggi viva in ogni minuto e in ogni giorno. E' che le ore non fanno male più. E' che il calendario non c'è più, l'ha sostituito un finto Braque.
Riprendo fiato. Il tempo torna a galla. Finito è quello delle attese. 
Ché somigli ad una macchina del tempo, che indietro mi riporta solo a quando sorridevo, che avanti non ha fretta di andare, che cammina adagio, e poi rallenta per vedermi sorridere di nuovo. E’ che il tempo oggi non mi sembra che astrazione, una follia. E’ che è finito quello delle attese. C’è che ho smesso di tremare. 
Riprendo fiato. Il tempo torna a galla. Finito è quello delle attese.
Oggi, finalmente, vale la pena contare. Almeno fino a te.

(le banalità)


5 commenti:

Anonimo ha detto...

Poggio la pianta del piede,
io che vengo dal mare,

tralascio il respiro e gli affanni
tra le reti meccaniche.

Lascio orme.
Tangibile assenza i sacramenti.

Il caldo è un bivacco d’ombre
e le nuvole un long plain con ghiaccio.

Intreccio l’anima i lacci erranti
io che non ho mai rammendato.

Carezze i fondali dei polpastrelli
nella filiera della passione.

E nel sette del cuore,
grida d’ amore

sciolte in acrobazia
per contare fino alla luna.

PS: So che non dovrei, ma guardando dietro l’orizzonte del cielo, trovo scie di stelle e gli umani sguardi perduti sull’acqua del fiume.

Delilah ha detto...

Mi piace, mi piace, mi piace. Posso seguirti?

Eteronima ha detto...

Delilah, grazie, è un piacere per me. ^_^

Transit caro, è la costellazione del Cigno.

flyinlife ha detto...

Eterno presente; stato ideale....ci son momenti in cui mi sembra di sfiorarlo...ci si può arrivare sul serio?...................

Eteronima ha detto...

Fly: credo proprio di sì, sai? O meglio, credo ci sia un momento in cui il tempo non ha alcun valore. Poi magari domani tornerà prepotente, non so. Ma oggi vale la pena illudersi che sia tutto qui, MERAVIGLIOSAMENTE tutto qui.

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