Poi accarezzava, testa bassa, il bordo merlettato della maglietta.
Pensava.
A quel Natale che non portò neve.
A quel Natale che fu una rinascita vuota, di sogni trattenuti ed ancora irrealizzati.
Alle gambe di lui in quell’inizio di inverno.
Al freddo.
( Come quelle gambe correre forte sulla strada di sempre.
Come i suoi occhi di allora tornare a guardarle. )
Guardava il gelo sul prato, con uno sbuffo spostava i capelli dal viso, mentre nascondeva le mani in tasca. A cercar calore. A trovare casa. L’istinto si scopriva prudente, sorprendentemente. E i gesti si confondevano, sul finire della notte, con flashback di emozioni (che fummo. E che mai ci dicemmo. ) La notte indossava il suo abito migliore, addobbata di luci e parole. Lei, all’angolo del tavolo, giocava con i ricordi. ( Forse un anello tra le dita, forse sguardi intessuti di sensi.)
E poi folate – improvvise e pure taglienti - di vento gelido, ad aprirci gli occhi.
( C o m e q u e l l e n o t t i c h e s o n f a t t e p e r t r a d i r s i.
C o m e q u e l l e n o t t i c h e s o n f a t t e p e r t r a d i r c i. )
Pensava.
A quel Natale che lo portò da lei.
A quel sentimento scomposto, ancora inventato, mai completamente vissuto. Lo sentiva ogni volta sotto le ciglia, premere forte come ad impedirle la vista. Oltre, nebbia.
Pensava a quel Natale che non portò la neve.
Che, con la neve, restò aggrappato agli addobbi.
Che bruciò in un falò il giorno della vigilia.
Che disse bugie.
(Ma che ti portò da me.
Che mi portò da te.)
-Buon anno a lei,
buon anno a me.-