lunedì 30 marzo 2015

Malade (il compromesso rosso)





Profili di grattacieli, solcati dalla luce come da una vanga, disegnano panorami inesplorati. I tramonti tornano ad imbattersi tra le ciglia mentre sulla linea del naso, sulla bocca - scivoli come acqua - sento colare. La fronte è asciutta, malgrado gli sforzi della mente. 
Ma sanguini. Tu - da me - sanguini. Essenza assoluta, il dolore, il sapore, la cura.
Tra le mani aria e smalto inappropriato / sulla pelle la paura a irrigidirsi. 
Tu da me sanguini, io ho una ferita. Rivolo emotivo, affluente e devastante. 

Profili di volti, e mani sconosciute che provano a toccarmi. Il mio sguardo ancora fuori campo, tu protagonista di un film degli anni trenta. In bianco e nero la fatica - né occhi gonfi, né palpebre basse -, a colori i miei gesti arrugginiti. Hanno memoria, queste braccia, di tutto quel che è stato. Si muovono a stento, e no, non abbracciano più.
Ma sanguini. Da queste pupille dilatate - da me - tu sanguini. Pianto d'amore o di sventura, in questo compromesso rosso che non so fermare.
Sulla schiena brividi caldi / sulla bocca un sapore soltanto ricordato.
Tu da me sanguini, ed io non so cessarti.

Penombre incerte, alla sera, quando la città si ferma. Profili di auto sulla strada del ritorno, le mie mani ancora vuote sul finire del giorno. Al buio, gli occhi tuoi incolori. Al buio, gli occhi miei distratti. Hanno memoria, questi occhi, di tutto quel che è stato. Si illuminano a stento, e no, non guardan più.
Ma sanguini. Tu - da me - sanguini. Sei la mia malattia.
Nella carne incisi i cocci dell'assenza / sulla lingua altre ferite.

Tu da me sanguini, 


ed io no, non so guarire.


domenica 15 marzo 2015

Mosca cieca (son lì, malgrado la mia assenza)



(deliri acrobatici)

Vivo di ombre e contorni sfocati, nell'attesa di un ritorno. Ho palpebre tenaci, che a stento chiudono i battenti, e gorgoglii dell'anima stagna. Ho fiato - ho ancora fiato - e labbra morbide che al mattino possono ancora dare il buongiorno - ma ho bocca asciutta, di sale, di miele, di caffè. E vago - tracce di rossetto sul viso, dovranno scomparire prima o poi - su sentieri bui di carezze. E vivo, vivo di odori ancora fluttuanti. Leggo, leggo di poesie scritte e declamate a gran voce. Soffoco, talvolta soffoco, di pensieri che non scendono giù.

Ma mi par di intuire, tra i ricami del cielo, uno spiraglio di luce. Io fui ombra e a fatica mi vedesti, tu fosti ombra e a fatica ti trovai. Io, intangibile disegno sul pavimento - tu come me, malgrado le carezze che pure sentivo -. Anche il sole si nasconde, talvolta accecandoci. Ma è qui, malgrado la sua assenza.
Fu rincorrere il vento, quell'ostinarmi a raggiungerti. Fu una corsa al buio per trovarti, te che eri ombra e nient'altro - corpo invisibile dai contorni tracciati -.  Il sole nasconde, a volte, annebbiando la vista.

Odore di nuovo e armonie quasi tangibili, nell'attesa di un arrivo. Ho lacrime tenaci che a stento cessano, e milioni di parole da blaterare. Ho forza - ho ancora forza - e mani che al mattino possono ancora carezzare - ma ti cerco, a mosca cieca, tra i sospiri degli altri. E vado - gambe allenate e cuore pure - alla ricerca di luce. 

E mi par di intuire, tra i ghirigori sul foglio, uno spazio bianco. Mi par di intuire, dalle serrande socchiuse, spiragli di luce. Il sole nasconde, talvolta accecandoci. Ma tutto è qui, ad un palmo di mano, malgrado la sua assenza. Ed io cerco, ostinata, un nuovo sentiero. Una quiete di luce che mi somigli, un'alba sfocata che mi baci al risveglio, un tramonto porpora che mi saluti alla sera. Occhi, mani, braccia, bocca. Un'ombra che non sia più solo ombra.


Ti nascondi, perché annebbiata è la mia vista.
Sei qui. Sei qui malgrado la tua assenza.