sabato 27 agosto 2011

In un profumo





►Gregory and the Hawk, Sets


Son state carezze, per me, aggrappate alle dita e mai scese.
Son stati baci anche i graffi e abbracci le ferite.
Vedessi ancora coi tuoi occhi, parlassi ora con la tua bocca, sentissi poi con la tua pelle, sarebbe giorno anche stanotte. Sarebbe luce. Sarebbe chiaro. Sarebbe vero.



Anelli stretti tra le dita, a ricordarmi che io ho.
E un fiore nei capelli per farmi bella per un’ora. E poi le scarpe adatte all’occasione.
Era buio, quando a piedi scalzi sono scappata via. Cercavo un altro fiore, e di un altro colore e di un altro giardino. Cercavo il suo odore.
Come filo d’erba ostinato nel cemento, s’è imposto all’olfatto e ancora al tatto.



Son state botte, quei baci nella carne.
Son stati schiaffi, gli inviti e le promesse.
Avessi visto coi tuoi occhi, annusato col tuo olfatto, abbracciato col tuo tatto, tutto avrebbe forma definita e odore fresco. Sarebbe limpido. Sarebbe chiaro. Sarebbe vero.


E’ stato bello, per un momento, mischiare i miei e i tuoi sensi in un profumo.
E’ stato bello, per un momento, sentire mille giorni dentro un gesto solo.

lunedì 22 agosto 2011

Grigioricordo






►Wild is the wind, Cat Power



Era cenere, quella sera, e fuoco spento e terra arsa, di desideri passati già a nuovo approdo.


Era bello, anni fa, immaginare un domani che non fosse tra le lenzuola, e che odorasse di pulito. Che fosse leggero, quando nella pesantezza dei pensieri avremmo cercato sollievo. Teli bianchi per stendersi e abiti morbidi per fasciare fianchi e ginocchia, per cercare di non farsi mai male. Tende per coprire la luce, e coperte calde per l’inverno. Non ebbi mai freddo, allora.


Macchiasti di vino l’angolo del letto, chiedendomi scusa più volte. Il bicchiere, ancora sporco ma vuoto, l’avrei ritrovato il giorno dopo accanto al comodino, sul pavimento. Aspettava, forse si aspettava anche lui qualcosa da noi. Noi che non volevamo lenzuola. Noi che, poi, ci siam persino scordati di noi.


C’era qualcosa stanotte nell’aria, un profumo nuovo, un retrogusto buono, che mi faceva scordare gli intenti di una volta e invitava il palato a gustarne fino all’ultima parte. Un respiro profondo, poi la carne avrebbe parlato da sé. C’era qualcosa negli occhi e sulla pelle, passione marchiata, che non passa e non muore. Ed era cenere, quella che hai spostato con uno sbuffo dal mio vestito, invitandomi a guardarti negli occhi. Fingitori di promesse che io non voglio.


Il mio vestito del verde dei tuoi occhi, morbido come gli incastri dei miei sguardi e dei tuoi. La tua cenere grigia, dello stesso colore di un evento diventato già ricordo. E qualcun altro chiederà, e qualcun altro vorrà, e qualcun altro io vorrò, pensavo.


E invece stanotte, per un attimo, è stata cenere e fuoco vivo e terra rossa, di desideri tornati agli approdi di sempre. O di mai.
Ed era cenere, nel sonno, il ricordo delle mani tue. Da soffiare via.

venerdì 12 agosto 2011

Flashback







►The end, Sibylle Baier


Non ricordo più qual è il tuo profumo.

Mentre lo dicevi, i tuoi occhi confessavano la menzogna della bocca. Si abbassavano, ammaccati dalla finzione che non riesce. Lì, tra il disegno delle ciglia e l’abbozzo disordinato dei capelli, la mente cercava riposo, affaticata da quei ricordi che si svegliano all’improvviso, dopo anni di letargo.


Sarà facile, vedrai. Sarà facile come guardarsi in faccia, ti dissi.
E ti salutai, quel giorno, con la freschezza della mia età, dicendo addio come fosse a domani. Dentro, invece, quell’addio durava anni. Giorni accumulati nelle vene, e sangue da smaltire, in eccesso. Ti salutai e me ne andai, voltando lo sguardo e le spalle a te, a me, a noi. T’ho sentito respirare forte. Ho continuato a camminare.
Ma, in questo tempo che oggi mi è parso eterno, t’ho sentito circolare dentro, flusso costante e insistente. T’ho visto trattenere quel sangue che forse è ancora in eccesso.
Aspetto che sfoci nel mare giusto.



Io non ricordo il tuo, t’ho risposto ridendo.
Molto meglio l’ironia, quando si vuol mascherare la debolezza. Ho lasciato parlare gli occhi, ché la voce mancava. T’ho parlato. In silenzio. Che spero starai bene, in questo tempo che verrà ancora e non ci toccherà più, t’ho detto. Che spero tu sappia darti ancora, e come prima, o anche di più. Che i tuoi gesti son gli stessi e il tuo profumo invece no. Che sei come allora, che sei sempre te. Che conosco ancora i tuoi occhi, quando tacciono e non si posano sui miei, ma vorrebbero dire e poi urlare. Che spero per te un bel domani, e d’amore.



Sarà facile, vedrai. Sarà facile come guardarsi in faccia.
E’ stato difficile, credimi, anche per me. E' stato difficile come guardarsi negli occhi.


martedì 9 agosto 2011

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Si poggiava – lieve –
come polline disfatto, e
sulla pelle
– odorosa di mare –
la promessa mia di
cercar nutrimento.


Mi avvolgevo
- occhi chiusi –

come venere di bellezza altra, e
tra le lenzuola
-
pulite di affanni –
ero desiderosa di dar respiri.


Si poggia
- forte e superfluo –

il fiato tuo sulle mie braccia, e
tra le stanze vuote,
per ritrovar quel senso
che pensavo ormai corrotto.


Mi avvolgo ora
– occhi aperti –
in coperte calde di sabbia,
per ritrovar
di quel mare la sua – tua –
bellezza primitiva.