martedì 31 ottobre 2017

A me basti tu







La disposizione dei mobili provoca dubbi. Il colore delle pareti, talvolta, risponde da sé. Lunghe lettere del nostro tempo da amanti nascoste nell'ultimo cassetto del tuo mobiletto preferito. I nostri regali disposti con cura lungo le cornici di questo nido d'amore. Congetturammo - sembra ieri - una porta di legno e un camino acceso, ipotizzammo - oggi stesso, quasi poche ore fa - un letto morbido e un grande giardino. Ci illudemmo - la pensavo illusione, speranza, vana bramosia - di tornare ogni sera al caldo della nostra casa, in una campagna assolata, lontana dal caos della mia vecchia città.

- La troveremo, lo so, esattamente come l'avevamo sognata - i sogni, mi dicevo, son pur sempre sogni.
- Dormiremo ogni notte abbracciati - il sonno, pensavo, allontanerà le nostre mani.
- Ogni cena sarà una cena a lume di candela, e ogni pranzo un ristoro per l'anima - cibo come consolazione e il tempo che segna le labbra, riflettevo esausta.
- E ti regalerò il sole, ogni sera, e la luce calda del tramonto. - Casa con vista solo nei film, amore mio, a me basti tu.

Per esempio le lenzuola, il loro odore che diventa il tuo, le mie cose disposte secondo il tuo criterio di ordine, i miei risvegli col caffè sulla federa. L'amore che c'è in ogni tuo gesto - quando con la tua mano mi saluti da lontano appena rientrato a casa, quando se è ora di andare vuoi abbracciarmi ancora, per l'ennesima volta, rischiando ritardi improbabili, quando cammini, in questo nostro piccolo angolo caldo, e a me sembri un premio di dio, a volte immeritato, a volte contrappasso onesto. Quando ti scopri per darmi la tua coperta, quando mi cedi l'ultimo pezzo di cioccolato, quando non vuoi lasciarmi sola, quando mi accarezzi con lo sguardo. Tutte le notti abbracciati che effettivamente son state e saranno, le cene a lume di candela, il nostro nido d'amore che sembra esser stato disegnato per noi. 

Persino quel regalo speciale, al di là della finestra, quand'è sera e il resto s'addormenta:









domenica 30 aprile 2017

Il cielo è lo stesso







- Prega che torni il sole - (e dentro, a rimbombare, un'unica domanda: cos'è che cerchi, cos'è quello che vuoi?)

Si voltò, mani nelle tasche, e si diresse verso la porta. Oltre quelle mura, un odore di autunno si insinuava nelle fessure, nelle serrature. Partì con un biglietto stretto tra le mani (bianco come il suo sogno di bambino, sintetico e preciso come il tempo da adulto), una valigia colorata, un borsone appena riempito. Partì. Andò, viaggiò controcorrente, approdò in una terra assolata la cui esistenza era fino a quel momento solo immaginata. Scattò fotografie da regalarle al suo risveglio, visse giorni frenetici per donarglieli al ritorno. Sedicimila chilometri di sentimento - limpido ma audace, libero ma vigliacco - dispersi in un volo pindarico, e dissolti, soprattutto, in uno squillo del telefono:

- Sono io, come stai? - e un sorriso d'istinto a dirle il suo cuore.
- Sto bene - le bugie, talvolta, aiutano a esserci.
- Mi manchi - diceva - manchi anche a me -  rispondeva. Il tempo da adulti, pensava, così sintetico e preciso. Pregava ancora che tornasse il sole.
- Sono sempre con te - che strane, le parole, che significando si contraddicono.
- Anch'io, in fondo il cielo è lo stesso -.

(e dentro, a rimbombare, un'unica domanda: cos'è che cerchi, cos'è quello che vuoi?)
Si era voltato, un giorno o l'altro, senza tornare mai indietro. Era andato via, stavolta davvero, senza esser mai scappato via. Partì così come era deciso (decidere o meno è solo un compromesso, non v'è carattere nella risolutezza, v'è così tanto ardore nel dubbio). In tasca le solite chiavi, sul volto un'espressione asettica. Partì. Viaggiò in un giorno di sole qualunque, a guardare dal finestrino la terra di lei e lei stessa farsi così piccola: un puntino minuscolo, solo due gambe, una faccia, un paio di braccia, un cuore, solo un piccolo cuore. Sedicimila chilometri di sentimento, in quel tempo da adulto così sintetico e preciso. E dentro, a rimbombare, sempre la stessa, maledetta domanda.

- Passerà in fretta, questo tempo - illusi, il tempo dura sempre lo stesso tempo.
- Non vedo l'ora - illudiamoci pure, è tutto quello che ora resta.
- Ti aspetto -
- Ti voglio -
- Prometto -
- Lo giuro -
- Mai una bugia -
- Sarò sempre con te -
- Ancora -
- Di più -
- Io ti amo - - ti amo anch'io -

E finalmente, quella domanda:  - cos'è quello che davvero vuoi? (credersi immortali è un'eresia, sapersi finiti è ciò che realizza i desideri) e dunque cos'è che ti aspetti da me, da noi, dal nostro domani? -  E sì, son strane le parole, ché significando si contraddicono. Le immagini un po' meno, le immagini, talvolta, rispondono davvero:






Ma sì, il cielo in fondo sarà sempre lo stesso.

martedì 28 febbraio 2017

Sorridevo sebbene (la promessa)





(- Me lo prometti?  Promettimi che mi aspetterai. Promettimi che al mio ritorno ci sarai. -)


Perché quando tornerai gli occhi saranno lucidi, e le mani - le mani - improvviseranno timore. Quando tornerai dimenticherò d'un tratto le stagioni passate e, d'un tratto, quasi come a mentire, ti toccherò come se non lo avessi mai fatto. Il tempo, ti dissi una volta, è sempre un nemico. Il tempo, amore mio, è lama e fucile e coltello pulito.

Quando andasti via c'era un sole tiepido, l'estate chiudeva il sipario con quel mantello di nuvole tipico di Settembre. L'intorno, niente più che un suono ovattato che somigliava a quello della distanza: eppure non c'era, ancora; eppure tu c'eri, allora.

-Tornerò - dicesti - io, sai, tornerò - 

Quando tornerai saranno ore di piacere, occhi incantati a dirsi che c'è ancora tutto da fare - eppure il cuore palpiterà di indecisione, poi di gioia, poi di un po' di dolore -. Il tempo, amore, punta il mirino proprio a sinistra.

Ti penso ogni momento, ogni momento, ogni momento -

Quando andasti via c'erano occasioni nuove da scartare, e la fretta di andare, e il coraggio, il bisogno , la forza di andare comunque. Sorridevo sebbene. Gioivo nonostante. Di un amore trovato, del suo dispiegarsi dentro me come nenia sobria e armoniosa. Tu questo sei stato: una carezza - percepirla davvero - sulla superficie del cuore.

Non poterti toccare è il mio unico e più grande tormento - 

Quando tornerai, amore mio, io scaccerò ogni lamento. Quando tornerai, carezza mia, sarò io, lo prometto, la tua carezza sul cuore,  Sarà passato un solo attimo da quel giorno di Settembre, così che "quando te ne andasti" coinciderà con "quando tornerai".

E il tempo, amore mio, non sarà niente più che l'ennesimo nemico sconfitto.


(- Io sì, te lo prometto -)




mercoledì 4 gennaio 2017

Enallage (sembrano autunno)





Io non riesco a parlare. Mastico a stento nenie per il mio sonno bambino, soffoco di risvegli senza baci, navigo in oceani di rimpianto. Pianto. Piango. Piangi. Mille foglie cadute dal nostro ramo, mille lemmi dei quali non conosco alcun significato, figli di una radice più profonda, figli di un solo lungo inverno. E non riesco a parlare, malgrado il mio fiato, la mia saliva, le mie corde vocali. Afona di istinti, sorda di carezze, io te la tua mano toccarmi i capelli. Sei sono siamo, eppure fummo saremo. Niente più che crisalidi in preda alle stagioni / niente più che albe stropicciate intraviste dal cuscino. Crescemmo - in un solo minuto - sapemmo - cogliere un profumo, uno sguardo, un ardore. Potremo - far volare questi cuori - vorremo -  rendere grazie a questo immenso tetto celeste -. Io non riesco a parlare - come si possa, appena innamorati, volgere al meglio i tempi verbali, come si possa, così imbambolati, dare conseguenza alla causa e giustificazione all'azione -. Terra selciato il letto del fiume. Io le tue gambe passione. Grondano meraviglia le tue gote purpuree - di quello che vedemmo, di quello che noi solo vedremo -, sembrano autunno - ancora, stavolta, ancora una volta -. Mille parole cadute dal nostro albero ancora in fiorire / ancora in divenire. Io no, non riesco a parlare. Tu non puoi ascoltare. E allora pianto. piango. piangi. E allora raccontami del fumo la notte sul letto il lenzuolo pachouli dicevi, non senti? Il grido il piacere godere di tatto saperti canzone pozione intelletto. Vederti lungo i miei fianchi impartire lezioni - fa diesis, chiave di violino, pause in ogni dove - saperti sulle mie gambe cercare la strada, scoprirti poi bacio presenza emozione. Vaniglia caffé per te amaro gira la chiave la stanza è vicina. Io non riesco a parlare, aiuto, aiuto, non riesco più a stare. Vittima di un'afonia assoluta, modello umori, grafie, punteggiature e grassetto, me la cavo, lo ammetto. 

Ma a parlare, ora no, proprio non riesco.


(Avanguardia spicciola, e quel che resta del passato).