venerdì 21 agosto 2015

Tirai il colletto della camicia poco più su, aprii la porta e lo sorpresi col capo rivolto verso l'alto, in assoluto silenzio. La voglia era di ridere forte, il destino fu di sorridere appena.
- Ne ho viste di tutti i colori - pensai tra me e me - di notti claudicanti, appese al filo del tempo come lancette lente in attesa del nuovo giorno. Di albe e tramonti che non sanno distinguersi, e lingue voraci ad assaporare, di quel cielo, anche l'ultima goccia. Di tempeste calde e fulmini a scagliarsi sullo stesso lembo di terra. Di negativi di nubi gravide, dai contorni chiari e suoni reboanti. Mani ingorde a imprimere la pelle, ogni volta come fosse la prima. Odori e suoni contemporanei e febbrili. Già, ne ho viste di tutti i colori.
Ma di cieli così - mi dicevo sulla strada verso casa - di cieli così io non ne ho conosciuti mai.

Sulla mia testa, a distanze impensabili, uno spazio di cielo era dedicato a me. Intorno, oltre le cime delle colline, oltre la loro ombra, oltre il loro profilo scosceso, lampi di luce sembravano serrare il mio - esclusivo - spazio di cielo. Provavo ad indovinare una stella, la sua caduta, il mio desiderio, mentre migliaia di parole si aggrovigliavano in bocca insieme al fumo dell'ultima sigaretta. Svanite, pure quelle, in verticale.

E' che di cieli così io non ne avevo mai visti, eppure è vero, sai, ne ho viste tante.
Di penombre ed epifanie di luce, di salti nel vuoto e schianti improvvisi, di cieli tersi, di temporali improvvisi. Di stelle cadenti e desideri inespressi, di sorrisi educati, di proposte eccitanti, pugni in faccia e visi arresi. Scie di luce come tracce da seguire, e fili dorati a Natale, e cieli sgombri e cieli chiari e cieli invisibili e cieli, comunque cieli.

Ma un cielo così, giuro, non l'avevo mai visto.