Scrollarti di dosso ogni rancore/correre ancora tra gli ostacoli sempre fermi dei tuoi guai/seguire la rotta giusta, tra altre cento che non sai dove ti porteranno/avere poco fiato nella gola, ancor meno nei polmoni.
E’ arrivata la primavera in un istante, mentre il cielo ancora cospargeva il suo presepe di bianco. E’ arrivata, sorda come poche, donna severa che non vuol sentir ragioni. Le tue, poi, a che servon più. Tu che sei donna per il solo senso che ha far la differenza, tu che sei madre senza aver figli, tu che sei figlia a metà.
Che suono abbia la mia voce, in questo giorno che non somiglia per nulla a quelli già vissuti, in questo giorno storpio, che guarda alle cose col senno di poi. Ad occhi nudi, senza teli color amaranto a proteggerli dal pianto. Ad occhi nudi e brillanti, senza alba né tramonto. Che volto abbia ora il mio corpo, quali sono i motivi per i quali ad ogni risveglio, chiudo nuovamente gli occhi e mi condanno. Sotto questo cielo, da una prospettiva deformante (che non sia così la realtà, mi domando) un giorno claudicante chiede una mano da tenere, che accompagni al sonno, che tenga sveglia questa luce. Che conduca ad aver senno di poi.
E allora tu, tu che sei donna e non lo riconosci, tu che hai tra le mani un sogno comune a tutti quanti, tu che ti tormenti spremendo un’emozione che a poco servirà, tu che rimandi a poi la razionalità del dire e fare. Tu che stanca non sei mai, se sulla pelle qualcosa ancora trema. Tu che vivi per vivere la vita alla pari con quello che senti dentro. E, dentro, ancora calma, la tua voce si fa viva tra i tuoi guai – che pure curi, attenta – finendo per addormentarsi sul letto caldo della noia. Ti culli, sola. Poi rimbocchi le coperte e ti dai la buonanotte. Tu sei donna. Sei figlia a metà di una solitudine che non se ne andrà, lei no, non se ne andrà.
Che suono abbia la mia voce, oggi che è rauca di un malore simile ad un pianto. Che suono avrà domani questo giorno fatto eco, ricordo assopito ma mai morto. E che suono avranno tutti i miei errori, nel farsi sunto col senno di poi. Mentre, ancora sorda, la primavera, mi sbatterà in faccia la realtà. Lei, donna severa che non vuol sentir ragioni. Tu, figlia a metà di una solitudine che ti sei scelta, lo sai, molto tempo fa.
"Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo.Ma questa è la condizione stessa dell'esistenza.Farsi primavera, significa accettare il rischio dell'inverno.Farsi presenza significa accettare il rischio dell'assenza".Antoine de Saint-Exupéry