domenica 4 marzo 2012

Journal (II) - Del sapore dell'arancia





Dalle pagine scritte per raccontarmi me stessa un domani.
La voce narrante è la mia. La protagonista, anche stavolta, ha il nome mio:


"Mi lascio alle spalle un volto, il suo nome, le sue espressioni, il suo modo discreto di dire attraverso gli occhi. E’ che lì, sul suo volto, vedevo scorrere la mia vita. Intera. Si alternavano notte e giorno, come pedali di una bicicletta che ha davanti a sé una strada infinita, curve a gomito e pericolose, salite dure il tempo di guardarle. La fatica, il sudore, il lamento, nulla sarebbero valse contro la voglia di andare ancora.

Quello che mi lascio alle spalle è un abbraccio, il giorno in cui la morte s’è presentata. Con fare distaccato, come sapesse che non avrebbe trovato accettazione, dentro me. Perché non importa quanto sia naturale, quanto sia umana e così dannatamente dovuta. Ciò che importa è che si presenta per privarci di qualcosa. Mi privò di carezze, le ritrovai, assopite, su quel volto. Le risvegliai, mi risvegliarono, dal sonno del dolore.

Mi lascio alle spalle il pianto di una madre, le corse folli in una notte di disperazione, gli affanni dell’amarsi incondizionatamente, gli abbracci restituiti al tempo, oggi che è poi. Oggi che amarsi è istinto senza freni e il suo sorriso un merito alla vita.

Ciò che mi lascio alle spalle ha il sapore ancora forte dell’arancia, che da quel giorno non mangio più. Profumi sospesi nell’aria, suoni remoti che echeggiano dentro. Mi lascio alle spalle il sospetto, velato sebbene ormai svelato, che tutto questo sia destino, nella concezione già descritta che vede l’uomo e il suo domani un rito replicabile e replicato, mai stanco, eternamente nuovo.

Mi lascio alle spalle una voce matura, ché sentirla m’ha fatto capire ciò che io non voglio. Quello che mi lascio alle spalle è il pericolo dell’attesa, di quanto sia rischioso fermarsi e lasciar passare i giorni, i volti, le parole, i profumi, le passioni, i sentimenti. Mi lascio alle spalle la paura.

Sulle spalle - invece sulle spalle - il peso grave dell’assenza. Il peso prepotente e sfibrante dell’esigenza di dire. Lascio lì le carezze negate, gli sbagli recidivi, le attese snervanti.

Davanti, l’ennesima salita.
Davanti, strade tortuose e fiato a sufficienza per ripartire.
Da qui."




"Non ho mai scritto credendo di farlo,
non ho mai amato credendo di amare,
ho solo aspettato davanti a quella porta chiusa"
Marguerite Duras, L'amante

4 commenti:

Guido Mura ha detto...

L'assenza è qualcosa di incomprensibile, ancora oggi inconcepibile. Trovo le assenze innaturali, quelle delle persone che sono scomparse dalla mia vita, e persino quelle dei miei gatti. La morte è una condanna illogica e non riesco ancora a crederci.

Eteronima ha detto...

"La morte è la curva della strada,
morire è solo non esser visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto". F. Pessoa

Flyinlife ha detto...

Sei meravigliosa;
lo è la tua voglia di andare ancora _contro tutto_
lo è il tuo fiato a sufficienza per ripartire _per quelle tortuose strade_
Lo è la freschezza della tua gioventù, che accoglie e esperienza e racchiude speranza.
Ti stringo.

Anonimo ha detto...

Leggo solo poesia, i poeti uno fianco all'altro:
Leggo E. Dickinson i Meridiani offerta speciale

a 8 euro;Wislava Szymborska dei sogni;Kavafis di memoria e passione;Pablo Neruda le labbra e la

voce;Fernando Pessoa Eteronimo dei giorni di luce perfetta; nel canto ferito Alda Merini;

Derek Walcott le vene del mare;
Federico Garcìa Lorca nuda canta la notte;

Nei versi del paese dell'anima Pier Paolo Pasolini; Marina Cvetaeva dopo la Russia;

e altri,
altri verranno già prima di adesso ...

E non sempre leggo chi scrive poesia.
La poesia è la lussuria dei sensi.

E leggo i gialli e anche noir: non
so se mi spiego, il che, mi fa ridere.

Ma non per i gialli e in noir in sé,
di cui rispetto la forma e le procedure.

Il poeta è l'accalappiacani delle emozioni.
I poeti pur di masticare emozioni si vendono.

La poesia è lo specchietto per le allodole.
Il poeta scandaglia le vibrazioni dell'anima.

La poesia è il teatro dell'assassinio.
Il poeta l'investigatore.

Per questo si scrivono e si leggono poesie.
Il poeta non usa il luminol per rilevare tracce.

Il postino bussa sempre due volte;
L'omicida torna sempre sul luogo del delitto.

Il poeta torna solo sui passi della luna.
E la poesia dispone le parole come le rose.

Sia quando sbocciano, sia alla loro morte
E tornare a fiorire tra baci di vento e rugiada.

...altri ancora e ancora, per esempio i poeti della strada senza voce e senza parole se non

i libri sconosciuti dell'oralità che fanno l'amore e muoiono nel vento di tutti i venti.



Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

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