Stanotte, per sette minuti, come sette anni fa.
Sentire la tua carezza sugli occhi, annodarla stretta al respiro/sentirti nelle pieghe della carne, ritrovare quel sorriso che ho sempre creduto perduto/hai le movenze che ricordavo/le mani che raccontano senza sapere/siamo legati, filo rosso e germoglio, catena e passione/ti ricordo affannato, nella non fiducia in me/riscopro l’istante in cui tutto finì/mi stringi le mani, le accosti al tuo petto/ricordo –in un flashback improvviso- di quando mi dicesti “parti con me”/ricordo il sorriso/le mani mie inermi e contratte/ho rubato lacrime ai tuoi occhi –non volevo-/ed abbassato il tono di voce, quando ti ho detto che non sarei partita con te.
E poi stanotte, per sette minuti, come sette anni fa.
Mi dici –con garbo- "non doveva finire"/ti guardo per pochi secondi e so –lo so- che sei solo un ricordo distratto, una abat-jour nel buio del presente/luce soffusa che sempre mi fa ritornare bambina, a chiederti come si fa a vivere come fai tu/e sentire le tue ossa in frantumi, come in quel giorno di Novembre che ti ho detto “ora basta”/come si fa(?) a crederci ancora, nonostante le mie mani puntino nuovi profili/sette minuti, il tempo per dirsi che nulla è cambiato/un solo secondo –quel bacio rubato- per non mentire a me stessa e dirmi –dirmi- che tutto è davvero svanito/eccetto il ricordo soffuso di chi so che davvero mi ha amata.
Dicevo "te lo leggo negli occhi", dicevi "me lo leggi negli occhi":
Stanotte, per sette minuti, come sette anni fa.