martedì 19 giugno 2012

l'una e trentaquattro -l'anafora di te-




Mi domando se è tardi -ora che è l’una e trentaquattro di notte- per farmi una doccia fredda e una tisana al ginseng. Mi domando quand’è che il tempo decide che è terminata l’era del presto e comincia il tardi, quand’è che il presente si stanca di rispondere all’appello, quand’è quel domani che si nutre di rimpianti. Mi domando –ogni notte- quand’è che finisce, la notte? Solo ieri arrotolavo i pensieri come gomitolo che non ha binario, che si chiude in sé stesso, che non permette allo spazio di discernerne i fili. Arrotolavo i pensieri come un nastro –l’ennesimo, ancora, sì- da riascoltare al buio:

L’orologio scandiva i secondi: un solo minuto, poi la mezzanotte –che una volta trascorremmo sulla luna, ricordi?- sarebbe stata nostra. E invece per il mio compleanno mi regalasti una dimenticanza. Il telefono squillò il mattino dopo, mi dicesti “è tardi?” sorrisi, ché ho smesso anni fa di contare, ché è già da un po’ che non conosco la fretta di fare. A Barcellona c’era il sole, quel giorno di Dicembre. C’era un sole che era come una bugia, o come la faccia di un bugiardo, quando dietro al sorriso nasconde un inganno. La notte arrivò in un momento piombandomi addosso come una sorpresa. Il giorno del mio compleanno. La notte arrivò e arrivarono i bicchieri, per brindare ad un compleanno spagnolo con le amiche di ieri.

Mi domando se è tardi -ora che è l’una e trentaquattro di notte- per farmi una doccia fredda ed una tisana al ginseng. Io che non vivo il tempo ma è il tempo che vive me. Io che ho fatto presto a dirti "ora basta", senza pianti e senza parole di troppo. Io che ti ho fatto le valigie con l'accortezza di chi non ha rancore. Io che ho difeso le tue bugie -e le mie- dalla rabbia del dopo. Io che la dignità l'ho resa padrona del gioco, in quei giorni in cui ti avrei urlato contro tutto il male che m'hai fatto. Io che sorrido ancora, guardando a domani.

E, sai, mi domando se è tardi, ora che è già passato un anno e mezzo da quel compleanno, per attaccarti il telefono in faccia e dirti che non meritasti neanche la mia voce, per riprendermi il mio tempo e buttarti -urlarti, vomitarti- addosso tutte le tue cose.
Che non sono più qui.
Ora che è tardi.

(qualcosa non torna)

5 commenti:

a song for simeon ha detto...

Ma è scritta già in quegli sguardi
di uomini che hanno fedine
altere e deboli in grandi
ritratti d’oro e ritorna
ad ogni accordo che esprime
l’armonica guasta nell’ora
che abbuia, sempre più tardi.
È scritta là. Il sempreverde
alloro per la cucina
resiste, la voce non muta,
Ravenna è lontana, distilla
veleno una fede feroce.
Che vuole da te? Non si cede
voce, leggenda o destino...
Ma è tardi, sempre più tardi.

Eteronima ha detto...

"La tua leggenda, Dora!"
La adoro.

flyinlife ha detto...

Eppure a me sembra che torni tutto a perfezione.
E la tua determinazione ne è la prova.
Ne vorrei un pò anch'io..

C.k. ha detto...

"Mi domando se è tardi -ora che è l’una e trentaquattro di notte- per farmi una doccia fredda ed una tisana al ginseng. Io che non vivo il tempo ma è il tempo che vive me. Io che ho fatto presto a dirti "ora basta", senza pianti e senza parole di troppo. Io che ti ho fatto le valigie con l'accortezza di chi non ha rancore. Io che ho difeso le tue bugie -e le mie- dalla rabbia del dopo. Io che la dignità l'ho resa padrona del gioco, in quei giorni in cui ti avrei urlato contro tutto il male che m'hai fatto. Io che sorrido ancora, guardando a domani.


E, sai, mi domando se è tardi, ora che è già passato un anno e mezzo da quel compleanno, per attaccarti il telefono in faccia e dirti che non meritasti neanche la mia voce, per riprendermi il mio tempo e buttarti -urlarti, vomitarti- addosso tutte le tue cose.
Che non sono più qui.
Ora che è tardi."

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Tutto così perfetto nella sua imperfezione. Un post fatto di visceri pulsanti, di cuore battente e di un cervello lucido che non mente.

E io mi chiedo: ma noi uomini, noi maschi in particolare, siamo questa materia quì? questa miseria quì e solo quella?
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Sono domande che pongo a me. Perchè colgo in tanti post letti in Rete una immagine di uomo in cui non riesco a riconoscermi. Eppure deve esistere -mi dico- perchè tante sono le voci che lo "hanno avvistato" questo genere d'uomo. Con il quale ci hanno dovuto fare i conti...
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Dovrà puur esistere allora... ma mi illudo che non sia l'unico modello di uomo autorizzato a vivere sul pianeta.
Ecco la mia presumibile "colpa": indulgere nell'illusione che vi siano altre strade, altri individui, altre sensibilità capaci di rendere "IL TEMPO" un gioco di ruolo, la Vita una donna di cui essere perennemente innamorati, il "tardi" o il "presto" due sfumature irrilevanti dell'Essere.
Un abbraccio affettuoso. Carlo

Eteronima ha detto...

Fly: Ne hai. Ho trovato il coraggio di guardare alle cose in maniera obiettiva. Non so, è un processo naturale e spontaneo, quello che fa delle ferite solo macchie. Che -poi- non fanno più male.
La determinazione è figlia del tempo. Vedrai.
Ti bacio.


cKlimt: il fatto che tu dica queste parole dimostra che vi sono altre strade, altri individui, altre sensibilità. è per questo che ho fiducia nel domani.
La mente non dice più bugie, no. Il senno di poi regala la comprensione di ciò che è stato e non c'è più bisogno di mentire: anche dove c'era dolore ora non c'è che qualcosa di cui prendere semplicemente atto.
Io ti ringrazio. Non soltanto per il commento, ma per avermi ricordato che ci sono altre strade. E che il domani non darà più peso al tempo trascorso. Un abbraccio a te, sei come un sorriso.

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