lunedì 7 maggio 2012

Che stupida, la luna





Io non l’ho vista: questa luna che ha deciso per una notte soltanto di staccarsi dal suo cielo. Eppure dietro la sua luce - m’è parso di capire - si intuiva ancora la sua casa. No, non l’ho guardata: eppure varie volte ho fissato il cielo, nascosto dietro i palazzi di questa città dove tutto è offuscato dalle luci artificiali e dai rumori meccanici delle auto in movimento. A cosa serve andarsene, pensavo, a cosa serve allontanarsi se ogni passo riconduce sempre a casa. Pensavo che c’è un cielo per tutti, ovunque siamo. La luna no, la luna pensa ai fatti suoi. Se è qui non è altrove, se dal suo cielo si staccherà avrà una casa a mezz’aria, sospesa, senza fondamenta alcune, sorretta da un soffio. O dalle braccia timide – e che non si faranno scorgere - del suo cielo. Pensavo che stupida, stasera, la luna. Si allontana ma già sa che tornerà. Lei che ha mille sguardi e mille spalle e non riesce a voltarle mai. 

E allora immaginai di cadere, l’altra notte. Dal cielo. Di staccarmi dal mio cielo e farmi creatura sola. Immaginai sogni grandi farsi puntini minuscoli e mai pensati, lucciole a luce continua ma sempre più tenue. Immaginai di scrivere per la prima volta frasi crudeli, indirizzate a te: sognai l’anima liberarsi dei suoi tarli che, nel tempo, son diventati macigni. E di dirti tutte le cose che un cuore ferito ti direbbe: codardo, vigliacco, vergogna, bugia, rispetto, amore mio. Pensai che, come la luna, un giorno, andai via dal mio cielo. Andai via e il cielo iniziò a piangere. Una pioggia così forte, il temporale dei suoi occhi. Stava solo annegando la vergogna. Annegava - cercava di sopprimere - il senso di colpa, che mai avrebbe svelato.

Ora un’altra sigaretta. Nebbia nella stanza quanto basta per ricoprire tutti i ricordi appesi alle pareti, che se quel giorno fossero crollate che danno avrebbero fatto in più. Altre macerie a graffiare la pelle, ferite profonde quanto basta a sanguinare, e poi saliva a disinfettare pure l’anima.

E allora immaginai di cadere, io, improvvisamente, dalla parete più curva della sua pelle. Cadere. Come cade una foglia in pieno autunno, stremata dalla resistenza sotto il sole, distrutta dalle intemperie che ogni giorno le succhiano vita, esanime, rassegnata. Pensai che di quella pioggia avrei riempito un catino fino all’orlo, per poi rovesciarlo forte sul tuo volto. Come a toglierti di dosso le impurità che il rancore che ti porto ha generato. Come a dirti ehi, tu che non avevi sbagliato mai, tu che avevi sogni grandi nella tasca della mia giacca, tu che sorridevi forte ad ogni mio sorriso, lavati la faccia. Risveglia la coscienza ora dormiente, solleva questo strato di polvere che hai sugli occhi, di’ per una volta almeno la verità: che si sbaglia – io sbagliai, sbagliasti tu – e che non si pecca mai ad ammetterlo. Toccami le mani – col pensiero, che sia forte – e dimmi che di tutto il tempo – ad arrotolare il filo di un discorso che sembrava avere una lieta conclusione – è rimasto un attimo in cui mentire no, non serve. Dimmi che sotto lo stesso cielo di stanotte abbiamo costruito fondamenta buone per dirci che ciò che siamo – indipendentemente l’un dall’altra – non crollerà. 

Pensavo che stupida, stasera, si allontana ma sa già che tornerà. 
Pensavo che stupida, mi allontano e so già che mai più ritornerò



(A __, per le bugie che so e che non gli rinfaccerò. Farò solo finta non sia esistito mai.
Anche la delusione ha la sua dignità. 
Per A., che spero riesca a farsi amare davvero. L'amore non è mai una colpa.

Per te, presente e futuro da raccontare.)

12 commenti:

Flyinlife ha detto...

Dignità...è quello che mi salta addosso nel leggerti stasera...è quella che serra le tue labbra per non dirgli che sai;
è quella di una Donna che ha amato _e ne va fiera_, comunque.
Anche la mia luna ha il volto di un uomo sai; un uomo al quale nonostante tutto mi ostino ancora a credere...
Un bacio.

Eteronima ha detto...

Dignità: è proprio questa la parola che mi aspettavo tu evidenziassi. E' proprio la dignità a gestire i miei comportamenti di oggi. Ho amato, sì, non essendone forse in grado. Mi ha amata non essendone in grado. Quando ho smesso di amare, ho finto di amare ancora mentendo anche a me stessa. Solo dopo mi son resa conto di non essere l'unica a mentire. Ma so che era giusto così. L'amore, se amore è, non è mai a senso unico.
Se tu gli/ci credi ancora, forse il vostro amore non è ancora spento. Te lo auguro e ti abbraccio.

Anonimo ha detto...

"Ora un’altra sigaretta".
E l'ho accesa con te.
Un po' più di "nebbia nella stanza quanto basta per ricoprire tutti i ricordi appesi alle pareti".
Ma sì, è tutto così vero, così strapieno di vita che male vero non fa. Solo una conferma che di quel che c'è c'è, e che per quel che è stato c'è solo l'alone. Che ti guiderà.
Tutto si ferma quando è giunta l'ora. La dignità poi, ce l'ha chi si ritira, e chi si ritira senza troppe storie.
Sono contenta che sia andata così.
Sono orgogliosa di te.

arancio. E girotondo.

Eteronima ha detto...

Ti leggo e piango come una bambina. E sento il tuo affetto - che chiamarlo affetto pare un insulto - premere dentro. L'unica cosa che mi viene da dirti è grazie. Sottovoce. Per gli anni, le carezze, l'immediatezza con cui mi porgi la mano, e per quell'orgoglio reciproco e in rari casi ho provato. Questo mi sembra più che mai il luogo adatto per dirtelo. Sei nel cuore. Presenza costante e mai invadente che non cambierei con niente al mondo. Niente.
Tu, con me, hai fatto molto più che accendere una sigaretta: hai arrotondato i giorni più spigolosi e dato conforto a quella parte di me che ora finalmente rinasce.

Guido Mura ha detto...

Fosse facile staccarsi dal cielo! In realtà non ci sono mai riuscito veramente: era come se fossi legato da un filo invisibile. Ho anche cercato di cambiare cielo, per poi scoprire che il cielo è unico e che quindi tutto è inutile.

Eteronima ha detto...

Eppure sotto altri cieli oggi mi sento. Come se quello di ieri non fosse stato che un miraggio, e la mia luce veicolo veloce verso il futuro. Da diverse prospettive, forse questo cielo non è mai lo stesso.

Anonimo ha detto...

Il cielo è composto sempre da due cieli: il cielo cielo oggettivo e il cielo soggettivo della nostra immaginazione tra esaltazione e depressione;la luce della notte e il buio del sole. Per cui sei. E, inevitabilmente, siamo.
Il cielo, pertanto, non è soltanto un momento, un periodo, qualche anno. Il cielo è il tempo che scorre come acqua interiore sulle rocce del corpo.


Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

Anonimo ha detto...

Nel caveau dell’anima,
asciugavo sfoglie
di cipolla

sul ciglio a scavare
tuorli
di nuvole,

scandagliavo le code
di pavoni
smacchiati di fresco.

la commessa prometteva
pagode, mentre Dino Campana
modellava paesaggi lunari.

il mare calloso mischia
risacca,bugie e giuramenti
di stelle.

Eteronima ha detto...

Campana - una delle penne e delle personalità che più amo in letteratura - ha sempre vissuto sotto un cielo tutto suo e di un tempo talmente surreale, sul limite della pura follia, che chiamarlo tempo sarebbe stato per lui un tantino troppo razionale. ;) Di paesaggi -lunari e di Donna - ne disegnava senza scrivere, con la sola penna della memoria. Si faceva male con ciò che creava e faceva male a chi amava. Credo non si sia mai preoccupato, come me, di quanti cieli ci siano. Tanto staccarsi dal suo cielo una volta in più che differenza avrebbe fatto. Lui sarebbe tornato comunque. E fatto a pugni di nuovo. (Perdona il monologo su Campana, lo adoro)
Il cielo è il tempo. il tempo "acqua interiore sulle rocce del corpo". Che immagine vera. Perfetta. E quei due cieli di cui parli, a lungo ho creduto fossero solo uno. E pensato che alla pioggia non c'era rimedio, senza considerare che di là splendeva forte il sole.

Anonimo ha detto...

L’altra sera
ero lì

e di nascosto,

timoroso spiavo
l’ombra sua del cuore.

Silente,
l’ombra s’attarda;

baci sdadati
ricama;

salini slanci
aggruma.

flettendo l’anima
di lato, senza

ragione, le ho
sussurrato:

Addio, mia Luna,
tempo di una vita.

Phaberest ha detto...

Non l'ho vista nemmeno io. Non so se sia tanto il tornare o l'andarsene, credo conti più il viaggio che si intraprende nel mezzo.
È lì che capisci se vale la pena tornare e come. Capisci più che altro se stai facendo la scelta giusta o stupida nel farlo.

Mi piace qui, tornerò.

Eteronima ha detto...

Ma sembra un viaggio senza meta, quello di oggi. Ed io non ho mai avuto pazienza. Col senno di poi, però, voltare le spalle a quella luna -che non era più la luna di sempre-, non guardarla, è stata la scelta giusta.
Ti ringrazio. Sei il benvenuto. :)

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