martedì 20 settembre 2011

In un Dicembre qualunque



►Forget about, Sibylle Baier


Mi stringevo le mani. Si stringevano, le mie mani, come a dir una preghiera.
In mezzo alle dita, negli angoli stretti del da farsi, viveva – mai stanca – una sola frase tua.


Era muta ieri, quando guardando una foto non vedevo che nero. Si risvegliava, stamattina, nell’umidità addolcente della fine del temporale. Pioveva, stanotte. Grondava il cielo sui miei luoghi, e martellava, a ritmo deciso, sui tetti – (in)stabili – delle mie certezze. Tremava, ancor più forte e per un solo istante, la parete dove scrissi – col corpo – di non cercare calore mai più.

Ed un’altra fotografia mi ha scattato il giorno, ad occhi chiusi, mentre carezzavo col pensiero la tua mano e ti invitavo in un Dicembre qualunque, a cogliere di me quello che non sai. Ché il freddo m’ha sempre dato un altro senso, come fossi in grado di scacciarlo in pochi istanti. Ché il freddo - non lo sai - ma l’ho cercato, quando troppo era il sudore sulla fronte, e troppa la fatica del fingere il sereno.

Pioveva, stanotte. E mentre ti chiedevo di guardarmi - piegare le coperte e assecondare il freddo e poi scacciarlo ed ingoiarlo – e di venire con me/provare con me un Dicembre nuovo e senza neve, un fulmine ha tagliato il cielo ed il mio sguardo. Provavo a cercarti. Per portarti/portarmi in un Dicembre qualunque. A guardare quel sole rigenerarsi, e sgranare gli occhi e arrotolarsi piano a cercar tepore sulla propria pelle. Ché il freddo m’ha sempre accarezzato piano e le coperte son state madri, in un Natale senza doni. Ché il freddo - non lo sai - ma l’ho cercato, per regalarmi un giorno quella sensazione di tepore.


Mi stringevo le mani.
In mezzo alle dita, negli angoli stretti del da farsi, viveva – mai stanca – una sola frase tua: dammi la mano.
Pioveva, stanotte, in un Dicembre qualunque.
E tu, tu mi stringevi le mani.

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