martedì 6 novembre 2012

A cuore spento




A cuore spento. 
Istinti aggrovigliati che non hanno via di fuga, istinti che somigliano ad animali, quando non resta che la corsa al più forte. Il gatto impaurito chiedeva perdono per quella briciola che non seppe dividere: la fame è ingorda, l’istinto un nemico. A stomaco pieno, il senso di colpa è un masso a premere sotto la gabbia toracica. 
Rinfacciami il freddo che non seppi evitare, rinfacciami i silenzi che hai dovuto ascoltare. Sbattimi in faccia il perché delle cose –che pure conosco bene-, parla la mia lingua, che è quella di dentro. Per una volta almeno butta giù la maschera, il tuo personaggio fittizio, superfluo, superficiale. Raccontami di quegli spazi vuoti -tra un rigo e l'altro- che non sai colmare, dimmi almeno che hai capito che i miei furon solo silenzi: scelti, indossati come un abito, calzanti come la tua maschera. Non fummo che teatro muto, a riempire una scena che era già morta di per sé. Tu col tuo fare che non mi inganna, io con l’intento di ingannarti: ché sarebbe stato facile mostrarmi, tutta, fiera della mia interezza, dei miei sarcasmi, delle mie tenerezze. Ma sarebbe stato poi altrettanto semplice perdersi, e la confidenza di me niente più che nebbia a fare da atmosfera. Eppure un giorno scrissi questo: filtri di parole che non volli mai pronunciare, suoni incerti, inventiva l’emozione. Ma il cuore mio, sai, pulsava ancora:

Non scelsi la musica. Immaginai voli pindarici su trame tradizionali, storie d’amore scandite secondo momenti e criteri già stabiliti, Tristano e Isotta e il filtro d’amore, l’amore (im)possibile che sempre ritorna. E ritorna. Incontrai per sbaglio i suoi occhi, dietro una partitura per oboe e violino. Incontrai –per sbaglio- le sue mani, mentre con la leggerezza della musica istruivano il mio udito. Fu epifania, un sussulto inconsueto, una scossa improvvisa a recidere le vene tra il tatto e la schiena. Lì dove tutto ciò che è tangibile diventa astratto e allo stesso tempo carnale, e vibra, e trema, e traccia la curva della donna che sei, nel solco dei reni, nella curva più acuta di te. Provai a calmare gli istinti, legai stretto il mio petto con lacci e catene indissolubili e ferme. 
E non scelsi la musica. No, non la scelsi. Provai con le parole a disegnarti ritratto, arrestai la penna sull’ultimo tratto: il tuo mento attento accarezzato dalla tua mano, la curiosità di me sul tuo viso posato. Arrestai le parole, provando ad immaginarti vicino. Fu una risposta inattesa scoprirmi di nuovo ad un palmo da te. Ma non bastarono, le parole, a spiegarti completo. Delle debolezze mie che accarezzi, mai esausto, come le corde del violino che ti vidi suonare. Per dare loro nuova vita, un tocco nuovo, nuove eco e nuovi suoni. 
Non scelsi la musica. E le parole non bastarono. Non bastano. Non basteranno ancora. Saranno pentagrammi e città storiche in movimento a dare a queste note un senso compiuto e il coraggio di un volo pindarico, in quella tua trama noiosa –l’ennesima- di tempi e momenti prestabiliti. Come le storie (im)possibili che d’amore non sono. Ma che sempre ritornano. E tornano. Non scelsi la musica e ti dissi poi "sceglila”, toccai le tue mani dopo l’ouverture del nostro primo incontro. 

Ed ora non basteranno parole, né rime, né quella trama solita e antica, ma sei sottofondo costante e appena accennato, la danza che mai riuscii a ballare, le mani alle quali non mi seppi dare-che non seppi mai abbandonare. Non scelsi musica e non ne sceglierò. Sei stato e sarai quel La che non so riconoscere, l'istinto animale che è tutto e nient'altro, l'illusione che le note non servano a render perfetto un istante.

A cuore spento.

8 commenti:

Angie ha detto...

E il sottofondo, se non basteranno più parole né rime, in qualche istante diverrà assordante, pungente..ti ubriacherà. Ma che sollievo quando tornerà, infine, accennato e costante, costante. Scomparirà.
AM

Eteronima ha detto...

...già, perché tornerà. In un modo o nell'altro, sottoforma di voce, di suono o di gatto, ma tornerà. E, soprattutto, SCOMPARIRà. Bella Ngiò, bacetti. (ma quanto sono felice quando mi commenti? :) )

Hally Lou ha detto...

Temo non vi siano abiti più logori dei silenzi indossati. Quelli che coprono le parole. E l'istinto. E i maledetti sentimenti cui non si può dar voce. Indosso il silenzio che un amore immenso richiede. E non so se riuscirò ancora a trovare la voce. A ritrovarla un giorno. La vita per me è già finita. Ti leggo. Sempre.

Eteronima ha detto...

Il silenzio: da evitare. Eppure non so farne a meno, eppure dove c'è silenzio io sono a casa. L'amore poi, il cuore che è spento, attende solo nuova luce. Un nuovo inizio. Ti abbraccio tanto.

Flyinlife ha detto...

Fu lui a scegliere la musica e tu a subirla.
Fu lui ad andare, a lasciarti sola coi tuoi silenzi _pentagrammi incompleti_ cui sarebbe bastato il suo suo solo tocco per divenire meravigliosi capolavori.
E sarà lui a tornare, e non lo riconoscerai, ma lo amerai, ancora
Ancora, ti si accenderà il cuore _per te_ a rendere perfetta Te.

Eteronima ha detto...

Avrebbe più volentieri dipinto un quadro, ché i colori e la luce ingannano molto più di quanto può fare la musica. Ciò che arriverà, se arriverà, è ancora una scommessa. Ti bacio.

chand ha detto...

quella dinamica degli istinti che rimane aliena dal tocco, ma è puro sentire, circonferenza di energie che Lei o Lui arpionano con la presa fragile delle ciglie ... bastassero le parole, che si arrugginiscono, un cuore, anche usato, stomaci, allenati al peggio, la musica non la sentiresti nemmeno più ... per tutto il resto, accenderti dipende solo da te, da un'istante scelto

Eteronima ha detto...

Il mio cuore è usato e abituato al peggio. E le parole -poche, per la verità- di certo bastano a dire. Che è spento, questo cuore. E questa voce. E questa penna. E che ora guardo esclusivamente al futuro.

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