venerdì 27 aprile 2012

Amore, coltello




Accade quello che forse sapevi già sarebbe accaduto. Accade. Senza possibilità di ritorno. Perché non è vero che lo si crea. Il futuro accade. Ci viene a prendere un giorno qualunque, ci fa suoi schiavi. Le possibilità, quelle per cui a lungo hai riflettuto finendo quasi sempre per agire d’istinto, prendono la forma dei rimorsi. Perché più volte mordono la carne, perché lacerano il corpo dell’anima in modo irreversibile. E’ così, non si sceglie la strada da percorrere, neanche gli occhi da guardare. Una notte accade che, nel bel mezzo di un temporale, ci si domandi cosa si sta facendo, come se le gocce che il cielo scarta fossero mille possibilità sprecate, come potessimo vederle cadere. Cadono. E con loro una parte di te.

Il nostro finale, quello per cui ancora oggi scrivo, non lo narrai mai: “non ho tempo di aspettare, non ho tempo per dubitare, io non ho tempo per soffrire, non posso permettermi il dolore”. Come fosse un premio, come se, in qualche modo, anche il dolore in fondo bisogna guadagnarselo. Non meritammo quei pianti, non meritammo neanche quel letto, non meritammo i nostri sguardi. Non meritai forse io le tue mani su un’altra. Non meritasti tu le mani di un altro su me. Ma lo dicesti, che non avresti amato nessuna come hai amato me. La verità è che ameremo mille volte ancora, e forse di più.

Ho tagliato i capelli -per riempire le ore in cui da sola avrei pianto-. Ed ho scritto centinaia di pagine -per dare modo all’inchiostro di sostituire la voce-. Non ho avuto parole – non ne ho ancora oggi- per raccontarti intero. Ho preservato te, nel tempo, dalle ingiurie e dai rimproveri facili, ho protetto me dalla possibilità di guastare il ricordo di un meccanismo perfetto. E’ che non permetto all’amore di essere coltello, non permetto alla gioia di divenire fardello. Non permetto all’assenza di divenire sofferenza, quando la si è scelta. Il dolore è tale quando annulla tutte le varianti, la sofferenza è vera solo quando azzera ogni certezza. L’amore che finisce non è mai definitivo, l’amore si rinnova, decide solo –improvvisamente- di cambiare direzione al bivio.

Accade. Accade, nel bel mezzo di un romanzo, che la vicenda prenda una piega inaspettata, accade che d’improvviso ciò che era dato per certezza assoluta diventi il primo dei dubbi. La goccia, altra possibilità morta che fa sì che il vaso trabocchi. Il vaso – l’anima, il cuore, le tue vene -, impegnato com’è a vedersi riempire, costantemente sazio, ad un certo punto non regge più il peso dell’acqua. Affoga. Lui, che può contenere ed esplodere senza finire in mille pezzi, si sente –intatto e pieno- in frantumi e svuotato. Delle verità, della legge fisica per cui quella goccia riempirà un altro vuoto, della legge dei sensi per cui ad un tlin corrisponde l’ennesima sconfitta.

Il futuro accade. Io, a braccia aperte, lo attendo.


(Uno sguardo al passato, con le mani tese in avanti. 
Con il pensiero rivolto a quel sorriso che da pochi mesi, 
in un modo o nell'altro, rischiara i giorni miei).

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Monologhi. Monologhi bellissimi, da recitare. Solo tu, su un palco con te stessa. Da lontano, sopra la luna vicina. Tu,i monologhi. Insieme a te. Di lato. Accostata. Occhi nel buio. Tu,il tuo amore. Adolescente e donna. Recita. Recita disperata e aperta.

Eteronima ha detto...

Ho sempre sognato che qualcuno leggesse o recitasse qualcosa che ho scritto.

Anonimo ha detto...

Subito, leggici qualcosa di tuo. Ti ascoltiamo.
In te c'è l'attrice che ha bisogno del buio del teatro e di te splenderà luce.

Dai!

Eteronima ha detto...

*la mia voce è sempre stata la penna*

flyinlife ha detto...

E' una necessaria analisi che dà l'incipit al tuo canto di speranza. La certezza di ciò che stai lasciando dà spazio a nuove direzioni; risplendi di luce nuova...

Eteronima ha detto...

Ci provo. Ci proverò. Con tutta me.

Hally Lou ha detto...

Il futuro accadrebbe anche se non lo aspettassimo a braccia aperte. E' questo il bello. O forse è solo il principio della rassegnazione. L'idea che alla fine di qualcosa segua la fine di un'altra. E che il ricordo di ogni inizio faccia sempre male. Pazienza. Ché tutte le volte in cui persino le rovine andarono distrutte mi sentii rinascere. Un abbraccio.

Eteronima ha detto...

Anche a braccia conserte, con il piede impaziente a battere sulla strada consumata, lo attendo. Mai così desiderosa.

Ah, le rovine! Non mi restarono che quelle tra le mani. Ora, ora che mi riconosco io, quei resti sono l'immagine storpia e decadente di quello che un tempo sembrava splendere per bellezza e autenticità, e che ora riconosco miseria e ipocrisia.
Perché se amore fosse stato, così come la bellezza sarebbe mutato, avrebbe cambiato forma ed età, ma non sarebbe mai andato via.

Un abbraccio forte a te.

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