giovedì 12 aprile 2012

Sei (e non lo sai)




Senti il vento? Mi porta via da te.

Era ieri. Erano i giorni dell’incontrarsi senza sapersi affatto, erano i giorni del caffè al ginseng e delle carezze degli occhi. "Sei bella", sembrava mi dicessi, "hai occhi buoni", l’intento mio di dirti. Le mani -maledette mani–, smaltate di bordeaux, tenevano tra le dita l’ennesima sigaretta. Pensavo brucerà anche questo istante e, nell’aria, si disperderà nel fumo, nel fiato delle parole a metà, non tornerà.

Lessi un romanzo quel mattino. Lessi un romanzo di quelli che hanno macchie di sangue tra le pagine e pieghe agli angoli a ricordare un passo che sembra essere proprio. Di passi – di passi sulla strada – ne feci molti. Di frasi spezzate, ancora incerte, ne scrissi a milioni. Io, io che non somiglio affatto a ciò che scrivo, cercavo nelle pagine un dettaglio, uno solo, che mi conducesse a te. Dove erano quegli occhi che il giorno prima mi tenevano stretta come fil di ferro? Di una violenza all’anima immotivata, di una violenza sottoforma di carezza. 

Ostacolai i giorni, mi arrampicai sulle pareti della paura, pur di non ammettere che, in quel vento, trasportata dalle tue mani, c’ero dentro. Dentro fino ai capelli, dentro con tutti i tacchi, dentro fino a dentro gli occhi tuoi. Con i miei scattai fotografie di te, quando, con l’aria assente –quasi drogata-, toccavi il mio viso dicendo che sempre da quel momento in poi l’avresti fatto, che sempre saresti stato carezza sul mio volto. Tra i miei passi stentati e i passi così sicuri di quel romanzo – che lessi attentamente, ritrovando ad ogni sillaba un verso tuo,- mi fermai, consapevole dell’errore che è la paura. E allora ad occhi bassi - ancora muti, taglienti di quell'emozione che divide in due lo stomaco-, pensai di dirti e dissi che, quel vento, mi avrebbe portato presto da te.

E ancora una volta, io che non somiglio affatto a ciò che scrivo, provai a scrivere. Sarà stata l’aria di aprile, con i suoi profumi e la sua ritrosia a soffiare caldo, ma non mossi penna. Tutto ciò che avevo scritto, l’avevo scritto sottopelle. (Che tu. Tu sei. Sei carezza. Uno sguardo attento che finge incuranza. Sei -e non lo sai- rewind di immagini a cui non riesco a dare un filo –che sia logico e durevole-. Sei -e non lo sai- sei fiato e poi pausa, sei riflesso deformato dalla mia luce, troppo lieve. Tu sei l’attimo in cui – per due secondi almeno – torno ad amarmi. Sei la pace, il mio sospiro, l’intervallo, la nota giusta. Tu sei ciò che non avevo avuto mai. Io, io che cerco dietro le parole il senso della vita intera, sono tutto ciò che non riuscirò a scrivere mai.).


"Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s'era mai saputo. Lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così".
Italo Calvino 

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Intensa, struggente e calda. Tu stessa vento.

Transit

Eteronima ha detto...

Ho avuto molta difficoltà a scrivere questo post. Probabilmente proprio perché ciò che vivo è così intenso e così struggente, da farmi perdere il filo (il)logico dell'emozione.
Torna il vento, Transit, a confondere le idee. Torna il vento ed io non so bene dove e se aggrapparmi per non(?) volare via.

Anonimo ha detto...

Vola, semmai ci scrivi dove vai. In tal caso, in cima a una montagna o negli abissi, verrò/verremo da te. Intanto sono/siamo qui.

ciao

Flyinlife ha detto...

E la tua musica sferza sul viso
mentre scrivi un _per sempre_ che sa di finto
perchè si perde nel vento
perchè si perde nel vento assieme al mio corpo
assieme ai miei tacchi
e ai dubbi miei
che in Te perdo e ritrovo...

Eteronima ha detto...

Fly, vedi? Non trovi che sia tutto un po' chiuso in sé stesso e confuso? Mi sento povera di sensazioni, magari il vento le ha già portate con sé senza che io me ne accorgessi.

Transit, grazie. ^_^

Flyinlife ha detto...

No, io non vedo nulla di confuso;
vedo chiarissimo, vedo Te, come sempre.
Un carico di sensazioni, stavolta racchiuse in un pugno e gettate in pieno viso, come una folata di vento.
E lasciano la bocca dolce e il retrogusto amarognolo, come sempre.
Perché come sempre c'è un vuoto lasciato da qualcuno,
un vuoto attorno al quale tu continui a creare vortici...e vertigini..

Eteronima ha detto...

A volte mi sembra di aver preso in pieno viso quel pugno, fatto di carne e dolore agli occhi. Ti assicuro che raramente mi rassegno alla tristezza e che ancor più raramente vedo nero: ho sempre voglia di credere che quei vortici possano diventare concretezze e carezze. Ma oggi è buio. Ed io aspetto impaziente che sia domani.

Le tue parole -che a volte mi raccontano così bene da impressionarmi- sono, ancora una volta, un abbraccio.

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