venerdì 20 aprile 2012

Impronte (di cosa hai paura?)




Un’altra impronta sul seno. Un’impronta nel seno. Nodo intricato di certezze velate.

Bisbigliavi, e con le ciglia tue miravi la strada che conduce al mio mattino. Non vedi – quando stremata è l’attesa del mio ritorno – che è lontano da noi ogni incontro, non vedi, oltre le ciglia, il ricamo del tempo sul mio volto? Le tue parole, assurde di un’ostinazione che non tedia mai, rincorrevano ancora una volta la scia dei miei perché. Perché è facile dirsi che tutto è già scritto, è facile dirsi che l’amore è lì dietro l’angolo e aspetta, è facile colpevolizzare il destino e scrollarsi di dosso ogni rimpianto. La verità è che si scrive ogni giorno un nuovo giorno, di quello che mai si sapeva o s’era letto.

Bisbigliavi – lo facevi velocemente- imprimendo sul mio corpo le tue impronte digitali. L’identità tua offrivi alla mia pelle, come un regalo meritato che si aspetta di poter fare da sempre. Poi mi chiedevi – mentre con le mani intrecciavi caucciù - di offrirti uno spazio tra le pagine mie. "Vèstiti di me", sembrava mi dicessi. Ma troppo stretto fu il vestito del tuo profumo per la mia carne che ha ancora freddo. La mia carne che non sa più tremare, in questo tempo che corre eppure è ancora fermo a te. Perché è semplice dirsi che si può stare anche senza, è semplice negare di provare per paura di provare, e ancora più semplice è lasciar andare ciò che ci spaventa.

Bisbigliai. S’era fatto giorno. Accanto ai miei libri il tuo sorriso immerso nel sonno.
"Ho paura", sommessamente dissi.
Bisbigliasti – lo facesti piano – : “di cosa? Di cosa hai paura?”
I tuoi occhi attenti - lame ad intagliare la sagoma tua dentro il mio sguardo - sapevano già che vedo il terrore nello scavarmi dentro. Che ho paura d’amare e di essere amata. Perché, sai, amare vuol dire sempre, in qualche modo, finire. Ma tu hai inciso il senso come graffito che poi resta, hai sciolto il ghiaccio di un freddo che devasta. E l’essenza mia che -stupida- si ribella all’attrazione, sconosciuta, verso l’anima tua.

Ma qui, sulla mia pelle, impregnata del tuo odore – miele e arancia, misti a vaniglia -, premono e scavano e sanguinano ancora le tue impronte digitali.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

L'anima? l'anima è qui e si nutre delle movenze dei gatti, del volo degli uccelli e della paura di mettere radici in un cuscino, almeno per un giorno e una notte.

Brava, bravissima. Posso scriverlo o mi induci alla paura?

ciao poeta

Eteronima ha detto...

Sei caro.

Flyinlife ha detto...

Ma il coraggio di ammettere di aver paura...
di sentirsi sulle spalle tutta la fragilità delle delusioni
non è da tutti _non lo è_
E' per chi è pronto, immobile
e accetta consapevole, nuove impronte sulla pelle.

Eteronima ha detto...

E' che la paura di per sé è un errore e porta con sé altri errori. E' vero, ammetto di aver paura, ammetto di sbagliare. Ma non sai quanto vorrei non averne.

Anonimo ha detto...

Un buon passo avanti verso la consapevolezza. Poi, certo, ognuno ha i suoi tempi. Intanto prendila comoda. Tra poco viene l'estate.

Ciao sciusciù

Eteronima ha detto...

Già, l'estate. Col sole rinnovato ed un nuovo colorito alla pelle. Tra poco.
Un sorriso a te.

Anonimo ha detto...

Si, certo la versione di Claudia, bella e intensa.
Ma, in coppia con la paura e con la forza della paura se fossi proprio tu, si tu, Eteronima Cara, a recitare, a interpretare a dire ciò che scrisse Cortazar? Dai, ti ascoltiamo. Dai, fatti prendere dal panico, ma imbraccia e impugna la parola. Per essere libera e te stessa devi lottare affinché la paura divenga sprono verso te stessa, quella chiusa tra le mura del tuo corpo e del tuo spirito.

Dai, vogliamo sentire la tua voce. E se arrossisci come un adolescente è pura innocenza.
E si sa che l'innocenza frequenta l'amore.

Dopo, semmai diverrai una grande attrice. di teatro.

Eteronima ha detto...

La mia voce è sempre stata la penna.

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