lunedì 27 febbraio 2012

L'inganno onesto del ritmo





C’era la neve. 

Prima fu un tempo di fiori freschi ad ogni risveglio, e carezze di caffè a dare il buongiorno.
Poi fu un gesto qualunque - carezzarti le braccia in una notte di neve -, fu un gesto inconsapevole –  guardarti mentre con le mani pulivi la giacca -, fu un gesto imbarazzato – abbassare lo sguardo all’unisono per poi tornare a guardarci più grandi -. Il tempo di un minuto ci fece maturi, di scelte, di voglie, di incastri perfetti.
Mi perdonerai, lo farai, se non c’è nitidezza nel ricordo di quando ti incontrai. La memoria in fondo è un vizio, intossica d’apparenza se nutrita solo di immagini. Diventa dipendenza accanita, se registra pure i sentimenti. Mi perdonerai se non ricordo il giorno esatto di quando, per sbaglio, toccasti la spalla mia con la tua. "Scusa", sommessamente dicesti, e svanisti piano.
Con quella dissolvenza che è geniale, nel finale di un film. 

Poi venne il poi. “Sei sicura - mi chiedesti - che nello spazio tuo non ci sia un posto anche per me?” Mi sentii nota, indispensabile e pure squillante, in un pentagramma da riempire. Fummo – per un secondo e immenso – segni complementari a formare un disegno più grande. Melodia o frastuono che differenza avrebbe fatto.
Si bemolle, poi una sola pausa, quattro quarti di suoni, il tempo perfetto, l’inganno onesto del ritmo.

Prima fu un tempo di sole ad ogni nuovo giorno, e di illusioni travestite da realtà.
Poi fu un gesto qualunque, un fiocco di neve, la sincronia dei nostri corpi nell’andarsi incontro, il silenzio scrosciante di due anime che si incontrano, la paura di farsi male, il coraggio di viversi attraverso le parole. Senza toccarsi mai, senza violarsi mai. Senza fiato, senza sosta.
Si bemolle, poi una sola pausa, quattro quarti di suoni, il tempo perfetto, l’inganno onesto del ritmo.

Mi perdonerai se non ricordo le parole, quelle esatte, del giorno in cui ti incontrai. 
Ma, ricordo, c’era la neve.
E quella dissolvenza che è geniale, all’inizio di un film.



M.D.I.


1 commento:

Anonimo ha detto...

La fine di un amore marcescente,
è inizio inesorabile di un altra storia.

breve o lunga, brutta o bella,poco importa:
l'importanza è nella dilatazione che c'invischia

a cui cediamo le nostre pupille accantonate
tra aghi e pietruzze fosforescenti;

l'intensità, argomento scartato, tallona le corde ancestrali dell'anima;

nel ritmo cocciuto,
calcio d'angolo l'immortalità

ventri degli universi,
i piani inclinati, ascendono

carezze di parole perdute,
misture delle ampolle del tempo.


Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

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