giovedì 20 novembre 2014

Un altro caffè







Chi sono? Io sono quell'estate dell'88, fatta di garofanini e sempreverdi che, da terra, si innalzavano come braccia imploranti verso il cielo. Sono quel diario distrutto, violentato dalla forza delle parole. Sono quel giorno di Maggio, quando il treno - e non io - aveva una sola direzione. Avanti, sempre dritto, su binari che non danno scelta. Sono il traffico per le strade di Roma, sempre ferma eppure in movimento. Sono la corsa, l'incanto, la sbronza. Sono una notte di freddo sul lungomare di Nizza, quel sogno rubato da una cartolina a vent'anni. Io - lo riconosco - sono il vento che apre e sbatte le finestre al primo autunno. E sono la quiete, la luce, il calore. Non sono che questo/io son tutto questo.

Ho portato a spasso le mie gambe per chilometri enne. Sarebbe bastato - mi dico - fermarsi in un bar. Incontrare i tuoi occhi tra quelli degli altri, riconoscerli familiari - quel nero corvino che non ho mai nemmeno intravisto -. Sarebbe bastato - mi dico - fermarmi e pensare. Che male può fare, tra vino e tabacco, un'allucinazione d'amore compiuta? Può fare di un male, di un male vorace. A mangiare la carne, a rosicchiare pelle e vene come bestia affamata. Fa male, può farlo. Può fare del male.

E io, io chi diavolo sono? Sono la pioggia, quando suona il si bemolle. Sono quel tavolo rotto, in disuso da anni, retaggio di una vita passata che non pare la mia. Sono le passeggiate in bicicletta, io sono l'acqua - lo scrissi -, sono la spina sullo stelo, il petalo penzoloni nel vuoto. Sono il fiore, talvolta io sono il fiore. E poi tutti i nomignoli che ho avuto, gli schiaffi che ho preso, quelli che ho dato. L'odore di bruciato, la primavera, il selciato. Io sono una lettera sempre incompiuta - la firma, la data - mai ricevuta. Io son tutto questo/non sono che questo.

Ed ho ascoltato milioni di frasi, arroccate l'un l'altra, portatrici di unico messaggio: censurata, la libertà del mio dolore. Violentata, ancora una volta, da mani che non sanno toccare senza fare del male. Ché il dolore, eh, ha una sua maledetta dignità. E sarebbe bastato - mi dico ancora - rispettare me stessa. Sarebbe bastato, dopo un caffè e una sigaretta, restare in quel bar - mani tra i capelli - ad attendere ancora quegli occhi corvini. Basterà - mi dico di nuovo - basterà, dietro un tavolino che solo attende te, prendere ancora un altro caffè.

(Sono odore di caffeina, attesa strenua, pagina bianca, carezza di prima mattina).

2 commenti:

asophia ha detto...

Un altro caffè, tra innesti di stagione e stormi di pensieri ....

Eteronima ha detto...

Sarà l'autunno. O forse no.
Benvenuta :)

Posta un commento