giovedì 13 novembre 2014

Passerà (ironia della sorte)


Riprendo, oggi, il filo del discorso. Un filo che si dipana lungo tutto il mio cammino. Fatto di attese, perdite, nuove consapevolezze. Rinascite.

Non l'ho mai rimpianto, io che son figlia di Amore e Venere e non conosco forma d'amore diversa dall'amore. Accavallo le gambe mentre la radio passa Adesso è facile, e l'odore del caffé mi taglia in due l'olfatto: nell'altra narice passa odore di vita - senz'altro messa a tacere, prima di queste settimane qui -. Riscopro cose scritte qualche anno fa, quando nell'incertezza di un Novembre nostalgico mi affrettavo a pensare a Natale, malcelando il dolore di pacchetti non più da confezionare - e ne incartavo di nuovi, mai consegnati e mai contraccambiati -. Mi sorprendo a sorridere pensando a vecchie diatribe, mangio un dolcetto fatto apposta per me, poi mi rimetto seduta accanto ad un foglio e una penna che sembrano star lì ad aspettarmi. E gli occhi son sereni, oggi, sebbene lucidi. Vi si leggono, oggi, consapevolezze tarde e pochi rimorsi. E rido, pensando ai teoremi urlati che i miei timpani hanno dovuto tollerare, o all'ignoranza acerba di chi ha una vita impegnata ma della vita non conosce che impegni. Rimetto in ordine le coperte - fa freddo, in questa casa nuova e ancora sgombra ma calda d'amore - .

23 Novembre 2011

La chiamano ironia della sorte.
C’era motivo per andare viami dicevi in uno degli ultimi venerdì d’estate. E’ facilepensavo tra me e me, lasciare andare tutto in Agosto. Trovar calore in altro modo, non sentir freddo mai, non nelle attese, neanche nelle mancanze. Trovare negli angoli di questa città una via d’uscita. Negli angoli. Nelle strade buie e senza uscita di Roma vecchia vedere un’uscita. Avanti, sempre dritto, una luce in fondo ci sarà. Pensavo, di nuovo pensavo tra me e me che è facile, d’estate, prendere altre rotte, puntare nuovi territori da esplorare, nuove voci da ascoltare, culture diverse a mescolarsi con la propria. Ma non in inverno. Ché col freddo gelano anche i sensi, e ci si scalda solo coi ricordi. Pensavo ai profumi: quelli no, non muoiono col freddo. Resistono, sulla linea sottile dell’olfatto, sotto il naso, sulla bocca. Diventano sapori. E reminiscenze sepolte eppure eterne, a risvegliare le dimenticanze.
Sarebbe stato difficile, pensavo, sarebbe stato difficile non sentire la tua assenza dietro un odore, dietro una voce, sotto una coperta, in inverno. Pensavo che sarà del mio Natale, delle carezze attese per giorni e sempre appese alla finestra, ad aspettare un tuo ritorno.
La chiamano ironia della sorte se, sul lungomare di Nizza, un venerdì di quasi sei anni fa, ci abbracciavamo per la prima volta. Se per anni ho atteso che tu tornassi, ogni venerdì. Se mi hai baciata sulla porta di casa, di venerdì. Se un venerdì qualunque sei andato via.
La chiamano ironia della sorte e mi vien da sorridere se, per un nuovo volto, un qualunque volto, ho atteso ancora che fosse venerdì. Ed attendo. Un nuovo mare, un odore, un nuovo abbraccio, un sapore, un nuovo bacio. Una luce.
Per le stesse strade. Lungo nuovi scenari.
In un Novembre che inverno - e freddo - non è.

Passerà, mi dicevo del dolore solo qualche tempo fa.
Passerà, mi disse qualcuno qualche tempo fa.

Nemmeno è arrivato, sai, che è passato già.

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