giovedì 12 febbraio 2015

Stagioni (gli occhi di una calligrafia)





(Questi tempi lenti)

Aprì la cassetta della posta nel momento stesso in cui dal cielo cadde la prima goccia. Una busta verde, senza mittente, era sommersa da cartoline qualsiasi. Era quello il tempo d'autunno che, a goccia, faceva cadere anche le foglie. Stessa la forma e stesso il movimento. Corse in casa - lì niente l'avrebbe distratta. Parole arroccate l'un l'altra, e grafia lenta, dal tratto incerto, su trame di clorofilla e cotone. Poteva, accanto al caminetto, leggere -sconosciuta- l'ennesima lettera. Fu un regalo, sotto la pioggia di Ottobre, scoprire gli occhi di una calligrafia. Sul finire di ogni lettera, con altro inchiostro ed in neretto, una frase incorniciata da parentesi tonde.

(hanno il sapore di altri tempi)

Ogni dì, sotto il porticato in legno, attendeva - mai esausta - lettere senza mittente. Destinatario preciso, un indirizzo irraggiungibile eppure raggiunto. Era quello il tempo dell'inverno, bianco e opaco come il volto dietro la penna. Correva in casa - tra i capelli batuffoli di freddo - a scaldarsi col solo alfabeto. Poteva, sulla sua sedia a dondolo, farsi cullare dalle parole. Era un regalo ogni volta, quell'inchiostro a raccontarsi come sangue.

(hanno il sapore di lettere inaspettate)

Fiori a dipingersi nei prati, e urla di bambini a colorare il silenzio. Poi il rumore di una bicicletta e ancora la cassetta della posta da svuotare. Era quella la primavera, a germogliare ancora lettere, a ridirle intatte e a regalare loro un profumo, uno qualsiasi, improvviso e inatteso. Corse in casa - un foulard rosso a farle da scia - ad odorare frasi di porpora e lillà. Era un regalo, quel foglio piegato con cura tra sbavature blu e graffi di biro.

(hanno un sapore, sai, che mi piace)

Colline assolate, al di là della finestra. Il corpo di lei nudo al di qua del muro. Era quello il tempo d'estate, col sole a bagnare la fronte, cogli occhi aperti su quello che ancora v'era da dire. Correva in casa - solo una veste, corta e azzurra - a respirare quel vento la cui provenienza era ignota. Era ancora un regalo quell'improvviso respiro, era di nuovo un regalo, ogni volta atteso, ed ogni volta inaspettato. Prese la penna nel taschino, diresse lo sguardo verso il suo taccuino e prese a scrivere al suo destinatario parole che lui mai avrebbe conosciuto:

 questi tempi lenti hanno il sapore di altri tempi, hanno il sapore di lettere inaspettate, hanno un sapore, sai, che anche a me piace.


[Anni dopo, in un giorno di pioggia, il postino vide un piccolo taccuino all'angolo della strada. Tra il bianco di ogni pagina quella sola frase a dare un senso al silenzio. Ebbe tutte le risposte che negli anni non ricevette, ebbe indietro tutte le lettere che negli anni le scrisse, ebbe indietro tutte le stagioni che la sua penna le aveva dedicato. Ebbe tutto questo - d'improvviso - in un piccolo, perduto, ormai vecchio, taccuino].


(Alle mie lettere, quelle ricevute. 
Nelle quali lessi proprio questa frase.)

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