sabato 22 marzo 2014

Sentire sordo (prove a teatro)

 
Le ombre - come mostri - tornano a svegliarmi. La finestra filtra luce buona, di quelle che predicono giornate luminose e lunghe. Poi le ombre - come mostri - tornano a svegliarmi. Il viso è pulito, sebbene il sogno abbia portato schizzi di acqua misti a fanghiglia dai quali avrei dovuto proteggermi: pioggia battente sulle gote mie già umide, io che mi somiglio appena - nella notte - e fatico a mantenere asciutta ogni emozione. Assisto alla fretta del tempo come corpo inerme e devitalizzato - dente che morde, che afferra, che gusta, senza avvertire alcuna consistenza-, mentre l'odore del caffè anestetizza pure l'olfatto. Non sento. Odo - esclusiva - la musica che ho sempre ascoltato. Pure il tatto - ciò che mi permette, ora, di manifestare, attraverso la tastiera, questa asetticità completa - stenta a percepirsi. Eppure le gote - già umide di pioggia - sono spazi bianchi da riempire. Truccate/mascherate quanto basta a non lasciar passare nessuna emozione. Oggi soffro di un sentire sordo.
E' che i mostri - ombre, suoni, parole e materia - son tornati a svegliarmi, questa mattina. Il mio corpo caldo - di un calore necessario e involontario - non ha reagito. Ha ripetuto geometricamente i passi di ogni mattina. Tutto è geometria, pure queste righe. E il male che mi fa concepirle prive di emozione.
Ma la finestra filtra luce buona, di quelle che predicono giornate luminose e lunghe, alle sue condizioni. E fortunatamente della geometria non hanno che definizioni.
 

(L' incapacità davanti al foglio bianco e l'inventiva che non regge, dinanzi ad emozioni contrastanti. Mi fingo impassibile, soggetto di una finzione narrativa sopravvalutata. La penna non chiede che movimento. Scrivere è sempre Passato ed io, per la prima volta - come un trionfo ambito da troppo e del quale oggi si intravede il traguardo -, comincio a guardare al futuro).

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