martedì 25 marzo 2014

Fiori secchi (remove before flight)





Parametri linguistici e carte medievali da decifrare sulla scrivania, luce soffusa e un chiarore sagace in mente. Scatoloni imballati a riempire la stanza: si parte, pensavo, ma del viaggio nemmeno il biglietto. Un mazzo di chiavi e una valigia, poi, all'angolo del letto. Fiori secchi che porterai con te, ché i ricordi appassiscono ma a morire, sai, non muoiono mai. Puoi conservarli – mi dico –, basta un vaso e nessun'altra goccia da versare. L'infelicità ha lo stesso colore del fango, il rumore del tonfo, l'odore di piscio. Ha tempi dilatati e gli occhi pure, è rugosa, l'infelicità, e arranca ad ogni passo. 

Raddoppiamenti fonosintattici inaspettati – mi dico, rovistando fra le carte – e analisi dettagliate che non immaginavo nemmeno di poter affrontare. Mi mette alla prova, stavolta, l'inferno. Mi chiede la chiave d'accesso.  E quei libri imbustati come lettere d'addio senza destinatario, che aspettano da me movimento e restano – faccia a terra – sul freddo del pavimento. E' questione di giorni, anni miei, e poi di voi non sarà che retaggio: le mattine a svegliarmi era il sole, che da est proprio in questa finestra si posava; l'odore del caffè e della carta, a distrarmi, ogni volta, dall'inerzia del sonno; i rumori del traffico (ogni finestra ne ha di suoi, diversi per intensità e durata) che al sonno a fatica concedevano tempo; la felicità ha un solo (non)colore, il rumore del vento, l'odore di un fiore. Ha tempi ristretti e occhi socchiusi; non ha età e non muove che un passo.

Manoscritti della poesia delle origini e testimonianze di unica altrimenti nulli. Edizioni a confronto dello stesso testimone: specchi a succhiare luce e colore. Gli occhi miei che cercan di capire ancora, e ancora non hanno intuito. Che basterebbe ritrovar l'entusiasmo perduto, assieme ai fiori, ai libri e ai vestiti. Che basterebbe urlarla, questa rabbia che ha nomi, cognomi, colpe e che non dà respiro. Che basterebbe concepire il futuro uno spazio per vendicarmi. Del male inflitto e di quello sofferto. Cambi casa, mi dico, e cambi espressione del volto. Non aver paura anche oggi. Non se quello che vuoi è già appeso al tuo portachiavi. Tra voli da tentare e il timore che sia solo l'ennesimo salto nel vuoto. E non dirlo a nessuno – shhhh -, non confessarla a nessuno questa rabbia di sangue che a stento gestisci. Soffocala piano. Strozzala in volo. 



        

4 commenti:

Guido Mura ha detto...

Si comincia a studiare carte medievali e si finisce col leggere autori postmoderni. In mezzo tutta una vita, tanta da perdere l'entusiasmo. E così si rimane a chiedersi che cosa è avvenuto davvero, e perché

Hally Lou ha detto...

Il rumore del tonfo.
Ecco cosa sono.

E sono ancora qui. E mentre cado penso che in fondo debba pur avere un senso l'infelicità.

Ti abbraccio forte.

Eteronima ha detto...

E vien da sorridere, Guido, a pensare allo scherzo del destino secondo cui c'è sempre qualcosa da decifrare e collocare (cronologicamente e non), anche quando non si tratta di filologia. O forse è comunque filologia, in un'altra forma. Un sorriso a te.

Eteronima ha detto...

Altrimenti che senso avrebbe la felicità. Sono io che abbraccio te, Hally cara.

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