mercoledì 22 maggio 2013

Acqua color pelle (e un clunk, l'onomatopea al mirtillo)




Sorseggiò l'ultimo goccio di tè al mirtillo, poi prese a contar le sigarette rimaste nel pacchetto con la precisione di un chirurgo, toccandole con l'indice una alla volta, portandone infine una alla bocca. E' chiaro - sussurrò, lasciando che la fiamma bruciasse da sé il tabacco - che lei scrive per capire, Amandine. Per dare un senso alle cose, o per perderlo, a seconda dei casi. E' chiaro, mia bella Amandine, che non sempre le cose ne hanno uno, e che è da cocciuti ostinarsi a trovarlo.
 
- E scrivo, talvolta, per domandar perdono.
- Di cosa, Amandine, di cosa ha da scusarsi?
 
Mosse appena la gonna portandola al ginocchio. Accavallò le gambe, poi chiese il permesso di accendere una sigaretta. Non la lasciò bruciare da sé, Amandine, ma la fumò, la aspirò come fosse l'unica, l'ultima, e in assoluto la più buona della sua vita. Era impaurito, il suo sguardo, e languido, quando si spostava al di là della finestra.
 
- Lei ama il mondo, vero, Amandine?
- Amo - rispose senza indugi.
 
Spense cautamente la sigaretta, cercando di evitare che il fumo la dividesse da quell'uomo.
 
- E di cosa, Amandine? Insomma, di cosa ha da scusarsi? -  si sentì ancora domandare, ma non con impazienza, né con invadenza. Era la curiosità degli uomini a parlare, quella del mondo.
 
E allora Amandine pensò: Chiedo scusa di amarlo troppo e troppo poco, quel mondo. Di essere grata alla vita ma non abbastanza, di non saper scrivere di altro all'infuori del dolore. Chiedo scusa al foglio bianco, che aspetta una carezza ed io non faccio che usurparlo, violarlo, e renderlo ogni volta peggiore. Chiedo scusa alle carezze, talvolta raccontate come fossero ceffoni. Chiedo scusa al giorno di non viverlo abbastanza, di non viverlo come fosse l'unico, l'ultimo, e in assoluto il più bello. Chiedo scusa al cielo e al sole, e all'incapacità mia di ritrarli ed esaltarli. E chiedo scusa poi all'amore di non rendergli giustizia, di descriverlo ancora come una ferita aperta, e non come ciò che è. Ed è la mia salvezza.

Ma non lo disse. Guardò gli occhi curiosi che aveva davanti e che attendevano risposta, sorrise, poi si voltò. Prese a lavare le tazze, ancora intrise dell'odore di mirtillo. Le pareva ora un oltraggio eliminare quell'odore. Le pareva uno spreco l'acqua corrente. Ma la lasciava scivolare sulle dita, ancora, ancora e ancora, e la osservava colorarsi del colore della sua pelle. E quel mondo, al di là della finestra, d'improvviso, aveva un altro senso. Da scrivere.
 
- Poco zucchero nel tè, signore, di questo le chiedo scusa -
L'uomo scosse il capo, poi si congedò senza troppi convenevoli e chiuse la porta dietro di sé. Quel rumore, il rumore della porta che fa clunk, fu per Amandine l'inizio del silenzio. Quanto amava la pace. Sul tavolo, accanto ai fiori che ogni giorno dissetava e curava come fossero suoi figli, un biglietto: chi scrive, è altrove. Lei ama, Amandine, glielo si legge negli occhi. Ami e scriva, mia bella Amandine, ché scrivere, in fondo, è gratitudine. Ed è sempre - dico sempre - una dichiarazione d'amore.

E Amandine scrisse, allora.
E amò, Amandine amò ancora.

 
 "E’ poco il poco che so e di questo
poco io chiedo perdono. Io chiedo
perdono per quello che so, perdono io chiedo
per tutto quello che so."
 
Mariangela Gualtieri 
 
 
(Ad Amandine, la mia scrittrice immaginaria.
Ad A., la mia salvezza finora inimmaginata.
Ad Eteronima, la me da sempre solo immaginata.)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

credo di chiedere scusa per tutto questo e per molto di più
il foglio è mio amico perché - pur non avendo molto da dare - mi accoglie tutte le volte che gli chiedo un accesso
spesso, mi sento straniera in questo posto che chiamiamo mondo

http://controluce.iobloggo.com/

Eteronima ha detto...

...e il foglio bianco come una casa, come uno spazio di assoluta libertà. E un'arma a doppio taglio, talvolta, ma pur sempre un'arma. C'è una frase di Philip Roth che mi ha sempre colpita particolarmente: "tutto quello che ho per difendermi è l'alfabeto, è quanto mi hanno dato al posto di un fucile" Ecco, forse è così. La libertà di parola-di esistere-di usare le parole e il pensiero, quale forza maggiore? E scrivere come può non esaltare questa libertà? Che tu ti senta parte o meno di ciò che hai intorno poco importa, hai un dono - una passione, uno scudo - che ti rende forte e libera. Anche quando chiedi scusa. Forte e libera.

Un sorriso a te

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