martedì 5 febbraio 2013

En plein air (l'equazione)







Non piove. Non piove nonostante da giorni le previsioni meteo predicano acqua e laghi di posa. Non piove neanche oggi, mentre voglio il buio, lo pretendo, ordinando alle imposte di essere per me come lenti solari, di non svelarmi al mondo, di non svelarmi il mondo. Eppure il cielo c’è, lo stesso, e filtra inarrestabile da quelle piccole fessure. E inevitabili. L’aria necessaria, il giusto ricambio, sapere che un’alternativa c’è, e non riuscire a gestirla. Muovere le mani su una tastiera che pare camminare – il premere dei tasti come passi verso una meta, quale sia, poi, chi lo sa -, sapere già quale sarà la cadenza delle mie parole, quale il suono, quale il senso, quale il vuoto. 

Accorgermi, aprendo gli occhi all’alba, di avere il sole lì nel letto, intatto, lucente, come non credevo di poterlo più vedere. Scoprire, d’un tratto, come un flash che fa sbattere le palpebre improvvisamente, che il cielo non piange. No, non piove. Non piove e su questo proprio non c’è dubbio. Ci sono, però, dubbi sull’incedere dei giorni, sulla piega che prendono, sull’equazione matematica che mi impongono e non spiegano, lasciando a me l’interrogativo dell’incognita. Il futuro. E la matematica non l’ho mai amata, mai: come ad un quesito ci sia una sola risposta possibile, l’assolutezza della soluzione, il determinato, come a dire che sull’esito delle cose, sulla loro esattezza, proprio non c'è dubbio. Nessuna traccia di pioggia sul terreno, mentre piove su ogni più piccola certezza. 

Riuscire a scrivere solo se nelle cuffie ho la tua musica, come una ninna nanna che stimola i sensi piuttosto che addormentarli. Non trovare il tuo ombrello e vedere al suo posto il mio, nuovo, colore dell’ambra. Pensare che a nulla servirà, e lasciarlo qui, a sgocciolare residui di acqua piovana che son solo passato. No, non piove: il sole asseconda il color mattone della capitale e le lascia fare, en plein air, quello che io faccio davanti al foglio bianco, in queste quattro mura: lasciarmi essere me. Nessuna assolutezza, solo il coraggio di ammettere le infinite possibilità che il tempo darà, le diverse soluzioni, l’ordine degli addendi che paradossalmente può, dico può, cambiare il risultato. Sento. Avverto. Un sospiro a ricordarmi i baci. La finestra a ricordarmi del domani. I miei passi sull’asfalto asciutto, in questa corsa verso ciò che voglio: questo andare e andarti incontro come non avevo fatto mai.

E su questo proprio non ci piove, sai?


(Immaginarmi un domani 
nell'incognita delle tue braccia.)

2 commenti:

Hally Lou ha detto...

Andare e andare incontro a te stessa come non avevi fatto mai.
Col tuo ombrello ambrato.

Il mio augurio.

Ciò che tento di fare ongi giorno.

Eteronima ha detto...

Esatto, Hally cara. Assecondare i miei istinti e le mie voglie, ovunque mi portino, qualunque cosa richiedano. Illudermi che quell'ombrello non serva più, e camminare tanto per camminare. Col sorriso in tasca. E una canzone in testa.

E' il mio augurio a te :)

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