giovedì 6 febbraio 2014

A





Nelle rubriche della vita, dentro l’abbraccio stretto delle pagine, in una successione di volti e di voci, di cifre e prefissi che la memoria non riesce a conservare intatti, i nomi non sono che indirizzi senza mura, e gli indirizzi nomi che non hanno volto. 

Il dito, appena inumidito dalla mia saliva, segue le linee della penna come fosse il filo del telefono e ripercorre, passo dopo passo, telefonate perse e ricevute, parole che bisognava tacere, frasi di circostanza non adatte a quella determinata circostanza, espressioni di rabbia dimenticate, frasi perentorie ed altre implorate, dichiarazioni d’amore e addii. Tutto ha un nome qui dentro – pensavo -, e tutto ha importanza per un tempo definito e che si fatica a definire. 

Vibrava, sulla schiena, una sensazione di perdita e nostalgia che un nome unico, no, non ce l’ha. Che dovessi classificarlo, ordinarlo, catalogarlo, non saprei trovare iniziale. Saprei trovare un indirizzo. Forse due, forse tre. Ma un nome unico, quello no, non saprei darglielo. 

Nelle rubriche ancora intatte - malgrado i display possano, senza inchiostro, riprodurne di identiche- c’è ancora spazio per altri numeri, identità da localizzare, da bloccare, da fotografare. Ci sono felicità ormai scordate, malgrado la vita possa, senza memoria, riprodurne di nuove e mai identiche. Tra quelle lettere,  anche il dolore ha un nome. E un numero di telefono, e un indirizzo. E un volto e una voce. Quelle lettere, che altrimenti altro nome avrebbero, sono grovigli di parole ammuffite, sintetizzate e poi riordinate. Di quelle che la memoria non vuole conservare intatte e che il display, all’epoca dei fatti, ancora non poteva riprodurre identiche. 

Tutto aveva un nome, qui dentro. Ma i nomi, qui dentro, non sono che indirizzi senza mura. E gli indirizzi non sono altro che nomi senza volto. Vibra, all’altezza dello sterno, un’emozione di conquista e di serenità, che una definizione sola, no, non ce l’ha. Che dovessi ordinarla, catalogarla, classificarla, non saprei trovare iniziale diversa da quella del tuo nome. Con un indirizzo da dividere, quattro mura, e il mio e il tuo volto esattamente a metà.

Alla lettera A.

2 commenti:

chand ha detto...

"parole che bisognava tacere" ti affannano la gola come detriti di un'esplosione, un modo per trascinare le notti e appuntare le labbra con del gesso, affinchè tutto ciò che riverbera l'aria non lasci traccia; se tutto ha un nome, meglio scoprirlo alla fine, all'inizio è come stringere la testa in una notte di pioggia: pesante il contenuto, aleatorio il significato, effimera la durata ... meglio dimenticarli gli indirizzi, "i nomi non cambiano e rimangono fissi nella memoria quando rimangono senza che nulla e nessuno possa strapparli via. ... Che disgrazia sapere qual è il tuo nome anche se ormai non conoscerò il tuo volto domani, il volto che smettiamo di vedere un giorno si metterà a tradirsi e a tradirci nel tempo che gli appartiene e che gli rimane, andrà discostandosi dall'immagine in cui lo abbiamo fissato per condurre la propria vita nella nostra volontaria o infelice assenza ..."

Eteronima ha detto...

I nomi non cambiano e nemmeno i volti. Non cambiano gli indirizzi, le voci. Cambia il ricordo che di questi si ha. Cambiano i giorni, i legami. Ma tutto ciò che le persone lasciano, attraversando la tua vita per pochi istanti o per molti anni, resta intatto. La rubrica, in tal senso, altro non è che la consapevolezza di quello che le persone -tutte- hanno lasciato. Un modo per non rinnegare il passato, per conviverci serenamente, per non aver più paura dell'assenza. Niente ti abbandona davvero. Né i nomi, né le parole. Si modificano le modalità con la quale queste presenze vivono in noi, ma questo non significa che averle appuntate sulla nostra rubrica -e quindi averle impresse come punti di riferimento- sia stata cosa vana. Un abbraccio, chand. A te e alla tua scrittura che sempre più pare vivere di vita propria, sebbene non possa nemmeno esistere senza la tua penna.

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