venerdì 18 ottobre 2013

Inchiostro blu (II)


 


 
 
(E poi chissà che vuol dire scrivere. Aggrovigliarsi come un gomitolo e sciogliersi, poi, attraverso un canto, una liberazione che è gabbia e insieme libertà, un dimostrarsi finiti e infiniti allo stesso tempo, uno scorgersi astratti, nonostante la carne. Un'emozione. La peggiore, e la più bella di tutte. E chissà cosa vuol dire non riuscire più a farlo, e volerlo, e non riuscire più a farlo).
 
E con la tua musica sì che si scrive. Come una tana, un posto caldo dove raccogliere le idee e filtrarle, attraverso note e vibrazioni. Ecco, io lì mi rifugio, quando il tempo reale non basta e il tempo scandito dei tuoi battiti - che percepisco ancora, malgrado le distanze - è lì, deciso, in attesa di un cammino che ne segua il ritmo. Ed io ci cado, ogni volta, come fosse la prima volta. Ché la magia non sta nella sorpresa in sé stessa, ma nella ripetizione dello stupore, ogni volta come fosse la prima volta.
 
E' lì. E' lì che ritrovo chilometri di lettere - gettate a caso in un percorso astruso, sì, ma intenso - da combinare, mischiare, amalgamare. Nude come solo le lettere sanno essere, amanti come solo le parole sanno amare. Desiderose di unirsi, in qualche modo, e di precipitare - come pioggia -  sul foglio bianco. Così che la musica diventi tangibile, senza spartiti e senza strumenti. Così che i sensi possano ancora parlare. Ancora.
 
E sento, ogni volta come la prima volta, nello stomaco, premere e filtrare, entrare, fino a governare i miei pensieri e i miei movimenti, migliaia di parole che fanno confusione, e rimbombano e sbattono contro le pareti della ragione. Un percorso, un filo logico, quello no, non è detto lo si trovi. Ma trovo, ogni volta come la prima volta, un nuovo motivo per scrivere.



(Non un punto esclamativo ma un punto e basta.)


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