venerdì 8 aprile 2011

Sulla schiena



Scriverò sulla tua schiena di guardare avanti, scriverò sulle tue spalle di muovere passi verso me.


Lo scriverò piano, scivolando sulla linea del tuo equilibrio con una biro qualunque, di un market qualunque, di un paese qualunque.
Lo scriverò sulla pelle, non me ne dimenticherò.
Lo farò lentamente, in piedi, con il viso inclinato ad osservare i tuoi passi, per tornare poi su ad inventarti la nuca, baciata. 

Scriverò sulla tua schiena "guarda lì".
E lo sguardo tuo chissà cosa illuminerà. Le gambe di una donna affascinante, o l’auto più veloce che non s’è fermata al semaforo, il cielo che osserva, o la terra così dannatamente ferma. Chissà se suonerai ancora, se racconterai le storie che ami raccontare, se ballerai, se ballerò. Chissà se avvertirai le mie mani muoversi tra i tuoi nei, e chissà se con le tue le prenderai.





Lo scriverò sulla tua schiena per non soffrire le tue ciglia, parentesi tonde di un discorso mai concluso. O mai iniziato.


Scriverò sulla tua schiena non guardarmi mai,
per chiedere al tuo passato di non farlo mai.
                              


"smettila carissima, finiscila con tutta questa serietà,
ho sempre 15 anni quando muoio nelle grinfie dei tuoi occhi."



►Lady "O", Raphael Gualazzi






 b

mercoledì 6 aprile 2011

QUEL post che sparirà


►Universo, C. Donà

Non sono in me.
        Ho ripetuto abbastanza il termine "occhi", come promesso.
                                                      Posso liberarmene?


Non ricordo il tuo nome,
                          forse neanche il mio.
   Potrei chiamarmi Carmen, Greta o Francesca, chissà.

                            
                            E tu Edoardo, si.


                      Ho definito me stessa al limite del verosimile,
                                    in realtà sono tutta a pois.


                    E tu,
a quadri intersecati e irregolari,
                             tu - perdindirindina -
 

                                                    vuoi entrare nel mio armadio?

 

martedì 5 aprile 2011

Ti ho chiesto occhi, mi hai risposto mani

Pagina 1, pagina 2, pagina 3. Le conosco a memoria.

E’ un vecchio libro mai dimenticato, nascosto dalla polvere in un vecchio scaffale, quello che mi hai indicato tu.


Ti ho chiesto occhi, mi hai risposto mani.


Mi sono svegliata questa mattina con la sensazione sporca di un sogno che non diceva niente. Eppure di parole se ne son dette a bizzeffe. Ho fatto un caffè, l’ho assaporato piano, cercando di ricordare quanto avveniva nella mia mente fino a qualche minuto prima. Tra un sorso e l’altro giocavo con la tazzina, quasi a cercare nel nero del caffè il senso dei miei deliri notturni. 
" Ma che voglio trovare, se non riesco a dare un senso neanche alla realtà.. " 

E il caffè è sceso giù d’un colpo.


Hanno il sapore di un limone acerbo gli incontri prematuri di corpi sconosciuti, un sapore aspro e fastidioso, se il desiderio è quello di gustare anche la mente. Hanno il tempismo irritante di un temporale il primo giorno d’estate. Hanno mani grandi e occhi vuoti.

Ti ho chiesto occhi, mi hai risposto mani.

Di te che spezzi la conversazione con il tuo solito intercalare, che mi interrompi per cantare una canzone che io non conosco, poi sbuffi, ché non si ha sempre voglia di stare a parlare. Penso a quando insisti nel toccarmi la pelle, a quando chiedi e a quando non lo fai, a quando la tua voce si incupisce ed io avrei voglia di baciarla, quella bocca. Ma non dai importanza a nulla, tu, che non sia tu.


Rivaluto il motivo dei tuoi respiri per me.
Ritrovo l’orientamento perso e prendo un’altra direzione.


Non chiedo più occhi, né mani.
Ma non chiudo il tuo libro, lo imparo.




►Invisibile, Cristina Donà


venerdì 1 aprile 2011

Il mio vestito ancora bozza


- Sentirmi me, finalmente. -

Onde di un colore nuovo
su diagrammi di volumi irregolati.

Del mio delirio
a far tesoro
e pezzo unico.

Sarto dei tuoi guai,
a cucirli esattamente come non li vuoi.

Ma
io
son il vestito giusto per la tua stoffa ancora panno.

Ma
tu
sei la stoffa perfetta per il mio vestito ancora bozza.