martedì 14 ottobre 2025

Rêve (dai tuoi occhi ai miei anfratti)

 



Tornerai, vestito di diamanti e di tutto il tempo che hai rubato alle mie mani. Tornerai di nuovo, e con un calice di vino tenderai il tuo braccio verso il mio: guarda che ci sono, dirai con quei tuoi occhi furtivi. Io soffrirò l'impotenza, e poi sorriderò intimidita dalla tua mano che avvolge il bicchiere come farebbe con il mio corpo. (Come quando nascondiamo le mani, e sotto al tavolo le mie si intrecciano accanite, nervose, affamate. Ti voglio e vai via, mi vuoi ed io non torno. Le gambe si accavallano, i respiri all'unisono accelerano. Vedo il tuo viso contorcersi di nascosto, e le tue labbra socchiudersi appena incrociano le mie). Tornerai, con gli occhi bagnati e il cuore pure, con la fronte liquida di desiderio e le mani tremanti di passione: ti guarderò, mentre con il dito segnerai il mio profilo, morderò il polpastrello, poi con la coda dell'occhio ti indicherò la strada giusta per sbagliare. Saremo noi, eppure fuori di noi. Io e te sopravvissuti al ventennio, vittime dei nostri istinti, fiere ribelli in una classe di stracci. Eppure tornerai, in una notte di queste, sorpreso a godere di un vecchio retaggio: ti annuserò il collo, scivolerò piano sul petto, scenderò lenta e risalirò appena: il tuo sapore lo ricordo appena, il tuo profumo resta ancora tra le dita. Le mie labbra saranno rosse e i tuoi desideri pieni: mi prenderai i capelli col pugno chiuso, come a mantenere forte il nostro segreto. Non avrai fretta ma non saprai rallentare. Io ti dirò tutto quello che per mesi ho taciuto, muovendo appena lo sguardo dai tuoi occhi ai miei anfratti. Sì, tornerai, ed io aprirò la porta sorridendo al destino: che strano sarà averti, soltanto per un giorno. Che strano sarà goderti, soltanto in sogno.

giovedì 18 settembre 2025

Climax (che strano)




Di questo groviglio, che arrotoli e srotoli a ritmo incessante, non resta che un climax arbitrario di parole che taccio e nascondo e poi mi riprometto:

eppure - sebbene - malgrado - eccetto - nonostante - comunque

E di questo groviglio, inclinato di trenta gradi sulla soglia del dubbio, io mi vergogno. Prometto - a me stessa - di notte, di averne cura e rispetto:

domani - tra poco - in questi giorni - prima o poi - tornerai

Non so dirlo e invece so tutto a memoria - di che colore hai gli occhi, da che parte guarda il tuo imbarazzo, quanto sei bello e pure come piangi, lontano dai suoi sguardi -.

momento - istante - canzone - passione - impedimento - criterio

E di questo groviglio, dicevo, l'eco la sento come un magone. Tagli di netto la gola, mi blocchi il respiro, ma sento il tuo odore, nella curva del collo che sterza sul cuore. Che strano, saperti e non dirti, e poi perderti senza nemmeno mai averti.

E' finita - ho capito - delusa - poi illusa - la sedia - una birra - vai piano -  che strano - ti amo.


giovedì 10 aprile 2025

Diaframma




- Buongiorno!

e le direzioni si dividono come forbici, a tagliare di netto quel che è stato e non è più.

Ma io ti conosco, nelle strade desuete che ti segnano il volto (cicatrici vivide, sebbene ormai antiche), io ti conosco negli occhi di ghiaccio che ora sembrano averti. Ma io ti conosco, annebbiato dai fumi dell'alcool e dei tuoi pensieri, piccoli scriccioli indifesi e indefessi, che lottano col senso di colpa e l'angoscia irrimediabile del non più. Io, sì, ti riconosco - i tuoi passi sicuri quanto i miei, le tue braccia aperte verso il mondo e poi il tuono della tua voce quando si appoggia piano sul tuo e sul mio costato - , ti sento, di nuovo e ancora, e ti risento farti pentagramma, poi strumento, di una sinfonia che io intono a malapena. Diaframma, di petto, poi a voce piena.

Hai gli occhi appassionati, così mi avvicinasti due vite fa, e furono baci di passione e parole di cartapesta. Bugie, pensavo, anche le mie. Poi una sigaretta si fece in due per conoscerci, e dentro il fumo riuscivo a scorgerti limpido: tu scrigno di desideri tremanti, io leggera e ancora paziente, già disegnavo con le parole i miei languori sul foglio. Gli anni hanno cambiato i nostri accenti e i nostri nomignoli, combinato lettere a caso e inventato declinazioni che neanche avremmo mai immaginato, le casse hanno forse cambiato il suono, e nelle mani altro tatto e altri odori. Eppure ti riconosco, ancora e di nuovo, e ti riconosco minuto e possente, e ancora in me farti segreto, e poi di nuovo grido, e poi ancora piccolo minuscolo segreto.

Sei qui, dicesti quel giorno, malcelando lo stupore di vedermi cambiata, nel corpo e negli occhi, prima ancora che distante, dalle tue rughe e dai miei sorrisi aperti di un tempo. Sono qui, pensai, e sorridendoti ti concepii intatto, nuovo e uguale a quel che eri. 

- Come stai? Sei diventata mamma, che mamma sei? 

- Come stai? Sei diventato papà, che papà sei? 

Anni come miraggi e un solo soffio di vento a concederci tregua. 

- Hai smesso di fumare? 

- Ormai da anni. 

- Sei sempre bella. 

Anche tu lo sei, ma mi taccio. 

- Hai ancora gli occhi appassionati, proprio come quando ti ho conosciuta.

Diaframma, di petto, poi a voce piena:

- Anche tu.

- Hai tagliato i capelli?

Un taglio di netto, a cancellare quel che è stato e non è più. 

Ti sorrido e annuisco, in fondo hai ragione tu.

giovedì 28 marzo 2024

Lettera a me (di una sera qualunque, parole a caso)




Ti ricordo volteggiare leggera tra i giorni, accarezzare le parole - farci l'amore, fintanto che ce n'è -, baciarle sul finale, proteggere la fine d'ogni cosa, ed ambire sempre ad un nuovo inizio. Ti ricordo, me che sei stata e che torni, qualche volta, in una canzone o in una poesia. Ti accarezzo e un sussulto - pare di gioia, nostalgia, irrequietezza - cresce nel petto e somiglia all'entusiasmo di un nuovo progetto. Tu che sei stata me ed io che non so ricordarti se non attraverso gli occhi di mio figlio - che pure ti ricordano appena, malgrado tu sia ancora qui - . Io ti cerco, nelle pagine piene dei vecchi giorni e in quelle vuote di oggi. Ti proteggo - lo giuro - e ti aspetto, ovunque tu sia, che ritorni. Piccola libera donna appassionata e solitaria, io son qui che ti cerco - con gli occhi le mani la bocca, la bocca - e provo a ridire quella che eri, provo a guardare ancora il mondo coi tuoi occhi leggeri - proprio non riesco, eppure ho negli occhi una fotografia -. Che io ti somigli, è quello che spero. Che io possa ri-esserti o esserti e basta, e fingere che il tempo non sia andato via, che io sia ancora pronta ad accogliere ciò che sarà, e se lo sarà. Tu che sai di un passato che è quello mio, tu che non mi somigli e sei identica a me, tu che sai delle cose più vere che abbia mai conosciuto, tu che hai scritto chilometri di parole ed ora hai gettato l'inchiostro. Tu che sei la me più vera, ti prego, non andare via. Tu che sai di poesia.

martedì 4 maggio 2021

Antonia



L'ho inciso nel cuore, quel giorno, e negli occhi come una fotografia. Ricordare - lessi - v. tr. [lat. recŏrdari, der., col pref. re- [...],  e con una mano ressi la testa che tentava. invano, di scivolare sul tavolo esausta. Non vi era riposo per i miei occhi già stanchi - polline e amore, quali armi peggiori -, non c'erano fiori sul tavolo, né dolci, né il tè che tanto amavi. C'erano foglie di ulivo, le prendesti con cura e le posasti piano sul bordo, poi iniziasti a cantare - re-cordo, re-cordi - una musica nuova anche a te stessa. Stringevi i pugni e li nascondevi, come a mantenere forte un segreto. Leggevo i tuoi occhi, leggevi i miei sguardi, piccola dolce donna d'argento. - Dovrei proprio andare - dissi sottovoce per non disturbare. Guardasti guardinga, con sospetto e indecisione. Toccai la tua mano con la mia, poi senza parlarti andai via e lasciai un bacio poggiarsi sulla tua fronte. Piccola mia, mia vecchia signora, fai che i miei giorni sian pieni di te, prima d'ora. Donna d'argento, mia musa e guerriera, fai che il domani si ricordi di te. La mia memoria ti ha perduta, pensavo stanotte: non ricordo i tuoi gesti, non più la tua voce, né mani, né gote. Però ricordo bene il tuo odore, donna d'argento, abbraccio di latte, mia carezza per sempre. E infatti, dicevo, lessi:

Ricordare, v. tr. [lat. recŏrdari, der., col pref. re- di cor cordis «cuore», perché il cuore era ritenuto la sede della memoria]

Ecco, nonna, a ricordarti d'argento è il mio cuore.


                                                                                                                                    A nonna Antonia

giovedì 29 aprile 2021

Grafite








Era un profumo, lo scrivesti anche tu. Era un profumo e niente di più.
Cieca di occhi, io vedo di tatto. Insonne d'amore, distratta vergine savia, curo ferite di latte, poi mastico nenie, infine cullo le ore sul finire del giorno. Dove sei - mi domando - minuto ultimo del mio dì, dove sei - mi domando - sapore di miele e cannella, dove sei - ancora mi chiedo stanotte -  mio languido bacio/ carezza carnale. Tu piangi, io bevo dai tuoi occhi straziati, ti leggo lacrima di segni, mi spiego sapore di sale. Sorda ai tuoi suoni, io sono cristallo che cade. Mi senti, sul pavimento e nei fianchi, mi senti, ti sento, mi senti cadere. Soffochi il pensiero, lo vedo stavolta. Ricordi la forma, tracci nuda la mia gamba distesa sul foglio. Grafite ancestrale. Tratto infuocato. Muta di parole, io parlo di odori. Fragranze di mare - poi, vedi, salsedine e sabbia - e ancora non so ritrovarti e cercare. Nella mappa dei giorni, sbaglio strada e temporeggio. Son io quel ruscello, vivido e forte, son io la tua acqua - tu bevi, io ingoio - la tua colpa, il tuo affluente segreto, sei tu il mio segreto. Cieca di occhi, io vedo parole. Sorda di voci, io sento vibrare. Muta di suoni, io parlo di tatto. Tu ridi, io mordo i pensieri. Ti assaporo canzone, poi - vedi? - mi annusi, è un'altra passione. Cieca, poi sorda, ora muta, poi cieca, ora sorda, e muta di te. Solo di olfatto è il ricordo, lo dicevi anche tu. Vedi? Era un profumo e niente di più.



venerdì 23 aprile 2021

Donna di prima







(Sono queste le notti in cui leggo Alice attraverso lo specchio e non so guardarci dentro. Mastico e ingoio, mai sazia, tutti i desideri. Li sento nel petto, poi ancora nel cuore, fanno tremare la mia passione).

Guardo lo specchio. C'era una volta e sì, c'è ancora adesso, una giovane donna - mio dio, c'è ancora - una giovane donna color della pesca, labbra rosso corallo, penna sottile e affilata, intensa poi appassionata, una giovane donna di carne e incoscienza, una promettente poetessa mancata. Guardo lo specchio, ci vedo un riflesso, son io nello specchio? Segni sul volto del tempo trascorso, il seno rotondo, gli occhiali sul volto, lo sguardo addolcito, sono (davvero?) similitudine di me stessa e di altre: son stata di latte, poi pianto, ora solo riflesso. Mi guardo allo specchio e non taccio, recito a memoria tutti i nomi che ho incontrato come un appello a guardarmi: nuda, stavolta, e vestita di rosso. Nuda, stavolta, svestita di ogni menzogna. Nuda e sincera, come mai prima d'ora. Perché c'era una volta e c'è ancora adesso una donna di tatto, di pelle, di odori, una donna di prima finalmente cresciuta. Morbida ed elastica, a districarsi per anni tra i tranelli del cuore. Tenace, appassionata, ostinata. C'era una volta e c'è ancora adesso una giovane donna color della pesca, labbra color corallo, penna sottile e affilata e il suo specchio incantato.


                                                                                                                                            Antonella

giovedì 7 novembre 2019

Le parole sono vive - ho perso l'inchiostro -




Non so più scrivere. Mastico appena due pagine di altri prima che il sonno mi risucchi. Dimentico l'alfabeto - eppure dovrò insegnartelo, mi dico. Sconosciuti tutti i grafemi, figure retoriche neanche a parlarne, ho perso l'inchiostro, ho perso il momento, è tutto fermo dentro. Non c'è penna, foglio, pergamena che tenga, non c'è minuto libero che possa spiegarti, che possa spiegarmi, che possa raccontarci.

Non so più scrivere, le lettere cadono dalle mie dita come anelli troppo grandi, i suoni, quelli li ho confusi già da tempo coi tuoi pianti. Non so scrivere e non so quando, allungherò il giorno in cerca di una notte buona per farlo. Ti addormenterò col mio taccuino in mano, e tu puntualmente lo strapperai. Ti insegnerò che la penna è un pensiero, un concetto, una possibilità. Proverò a raccontarti che le parole sono vive, respirano, si nutrono, nutrono, possono morire e far morire. Ti insegnerò che le parole possono tutto. Che scrivere è libertà e la libertà è ciò che non dovrai mai imparare. Tu sei libero. 

Non so più scrivere e forse è perché dovrai imparare a farlo tu, come una staffetta di parole che io ho perduto ma tu non si sa mai. Non so più scrivere e non c'è rammarico, so che hai in consegna le mie parole e le declinerai col tuo linguaggio. So che avrai tempo per restituirmele intatte e allo stesso tempo con un senso tutto nuovo, so che le amerai, so che lo farai.

Non so più scrivere e il filo del discorso l'ho perso già da un po', in queste stanze odor del latte, in queste notti da cullare, il mio tempo mi ha resa analfabeta e piena di te
eppure
ti amerò con tutto l'amore che posso,
eppure
ti scriverò, figlio mio, tutte le lettere che posso.


giovedì 17 ottobre 2019

Donna di cuori - bozze ritrovate di tanto, tanto tempo fa -

Lume di candela, tutto per tutto, la buona sorte che inganna. Doveva essere quello il tempo dei giochi leali, delle armi pari, della fortuna a metà. Perché chi gioca non vuol sempre vincere, e chi vince, sai, spesso non aveva intenzione di giocare. Come un tavolo da poker il nostro tempo, a scommettere su una sola carta: donna di cuori calasti, donna di cuori guardasti. Ma quadri e picche furono i fortunati, e dei fiori non fu che un profondo desiderio. La candela, ahinoi, illuminò per poco, e la cera - ricordi? - si consumò veloce. Fu poco il tempo per vederci chiaro, troppe le strategie da seguire, poche le carte da giocare.
La parola "meraviglia" usasti per descrivermi, le nostre mosse si persero in un bacio, carte e denari gettati per l'aria. L'ansia di noi violenta e improvvisa - cercasti il mio senso, cercasti i miei occhi. "Li vorrei per tutta la notte" dicesti, mentre la partita continuava. Le mie gambe accavallate e quella sigaretta che non fumo più da anni, l'aria di chi sa già che vincerà l'ultima mano : "tanto vinco io", decisamente dissi. E vinsi, io che non volevo proprio giocare: poker d'assi e carte scoperte. Io, la "tua" donna di cuori, con il jackpot in mano, quadri e picche nel mazzo e neanche un fiore ricevuto in dono.